Fare il punto sulla complessità: Ravenna Exolution, il romanzo oscuro di Meschiari e Vena

Tutto inizia con un fatto inspiegabile sugli Appennini. Un gruppo di bambini si addormenta, e non si sveglia più. La vicenda fa parte di una trama che si va ad infittire con un commando super addestrato e privo di pietà, le indagini di una poliziotta e di un antropologo, un progetto che ha radici molto lontane e una cupa insurrezione eliminazionista all’orizzonte mentre gli intellettuali sono ridotti a utili idioti troppo intenti a far bella figura negli ambienti giusti per assolvere al loro dovere. Nulla è quello che sembra, scavando c’è di più, tanto di più da trovare per ricomporre un quadro complesso che ruota attorno al potere dell’immaginazione e dei suoi effetti sulla realtà, perché la parola d’ordine è solo una: fiction is action. Ravenna Exolution, di Matteo Meschiari e Antonio Vena ( ‎ Independently published – Grendel Press, pag.136, euro 15,60), è un romanzo complesso e stratificato i cui numerosi strati sono attraversati da un denominatore comune che agisce da collante: mettere un punto. Allo stato dell’arte di come il pensiero intorno all’Antropocene è stato recepito dalla classe intellettuale italiana. Al rapporto fra immaginazione e mondo oggi, nella fattispecie a come le narrazioni possono incidere sui fatti, in rapporto ai nostri strumenti per comprenderli. A un’esperienza culturale e letteraria risoltasi in una sconfitta in seguito allo scontro con il muro di gomma che una certa editoria, e chi ne fa parte, ha innalzato intorno alle idee e alle persone che le portano avanti preferendo un comodo status quo che sempre più ricorda il Giardino dei Finzi Contini. Ravenna Exolution è narrativa, metanarrativa e, volendo azzardare, la si potrebbe definire un’opera di theory fiction fortemente contestualizzata più che focalizzata sulla teoria pura, perché le idee non sono qui raccontate come sospese in una dimensione del tutto avulsa dai fatti ma come in continuo dialogo e reciproca influenza, e qui sta il punto più amaro e inquietante della narrazione, con il mondo che le ha partorite.

 

Matteo Meschiari

 

Il romanzo breve di Vena e Meschiari non è propriamente un’esperienza reader friendly, al contrario richiede di alzare l’asticella, studiare, approfondire e fare ricerca per decomprimere una densità concettuale come minimo insolita per un panorama letterario tendenzialmente asfittico e vittima di una coazione a guardarsi continuamente l’ombelico come quello italiano. E i metodi d’indagine classici qui non bastano, fanno la fine degli investigatori che nel corso della storia pagano lo scotto di scontrarsi con una realtà tanto più grande e complessa di loro da non vederla nemmeno arrivare finché non è troppo tardi. E una delle parole chiave di Ravenna Exolution è esattamente questa: complessità. Perché il mondo è complesso, i fenomeni nella loro interezza sono difficilissimi se non impossibili da cogliere in quanto composti da un’infinità di manifestazioni differenti, forse in eccesso rispetto alle nostre capacità di decifrare e interpretare e un libro come quello di Meschiari e Vena è con questo tipo di complessità che si confronta colpendo il lettore da più angolazioni per esercitarlo a decodificare il reale partendo dal solco tracciato da pensatori ormai imprescindibili come Timothy Morton e Amitav Gosh. Ravenna Exolution è in più di un senso un’opera oscura: lontana dai sentieri rassicuranti del mainstream che ti fanno sentire colto anche quando non capisci niente, difficile da decifrare e soprattutto poco promossa, perché a nessuno piace fare la figura dell’ignorante, specie quando lo è.

Antonio Vena