TOM OF FINLAND REPROS

Fucking the World: l’epopea di Tom of Finland

Un uomo nudo sospeso nello spazio interstellare nell’atto di penetrare il pianeta Terra, che riesce a contenere in un abbraccio. L’emisfero orientale è in vista, con la mano destra dell’uomo appoggiata sull’Europa settentrionale. L’emisfero occidentale è in ombra, con il pene dell’uomo conficcato all’incirca all’altezza degli Stati Uniti. L’uomo ha stampato sul volto un sorriso che esprime allo stesso tempo il piacere sessuale della penetrazione e la soddisfazione di possedere il mondo. Non è un’immagine distopica, ma una celebrazione fallica di Tom of Finland, al secolo Touko Valio Laaksonen, disegnatore e illustratore finlandese (Kaarina, 8 maggio 1920 – Helsinki, 7 novembre 1991). Si tratta di un disegno a matita su carta del 1976 intitolato Fucking the World, conservato nella Collezione Tagermann di Amburgo e riprodotto al centro del volume Tom of Finland. Made in Germany, a cura di Juerg Judin e Pay Matthis Karstens con l’aiuto di Alice Delage, pubblicato da Skira (pag.212, euro 32)  come catalogo della mostra omonima inaugurata alla Galleria Judin di Berlino lo scorso 12 settembre in occasione del centenario della nascita dell’autore. Si tratta di un manifesto e allo stesso tempo di una summa dell’arte di ToF: la parola fuck peraltro ha un’etimologia di origine scandinava, dai termini dialettali svedesi focka, che designa allo stesso tempo l’azione del copulare e quella del colpire per soggiogare, e fock, pene, ovvero il feticcio di tutte le opere di ToF, che, per dirla con Lacan, è sia l’attributo genitale maschile che la sua rappresentazione psichica sia nella forma immaginaria (metafora della mancanza che sta alla base del desiderio e della paura) che in quella simbolica (metonimia del surplus di significanti che sta alla base del potere). In apertura Untitled (Aarno), 1976 Graphite on paper, Tangermann Collection, Hamburg.

 

Untitled, 1976 – Graphite on paper, Tangermann Collection, Hamburg
© heribertschindler.de
The Loggers (XX), 1975 -Gouache on paper, Collection Volker Morlock, Los Angeles

 

Una forma che diventa vessillo di liberazione identitaria in un mondo, come quello dell’Europa degli anni Sessanta, dove ToF opera prima di emigrare negli Stati Uniti, in cui non solo l’omosessualità ma la sessualità in generale è ancora colpita da rigidissimi meccanismi di censura nei linguaggi estetici e prima ancora nella comunicazione sociale. Una censura che, anche quando comincia a ritirarsi e a scoprire il corpo femminile, sul versante maschile non accenna a retrocedere, tanto che il limite tra erotico e pornografico è ancora oggi segnato dalla presenza nella rappresentazione del pene eretto. Insomma in una società patriarcale ed eteronormata il fallo simbolico, proprio perché è al centro di ogni dinamica di relazione e di ogni struttura o esercizio di potere, resta oggetto di tabù. Come se per mantenere la sua ubiquità e la sua onnipotenza debba essere sottratto alla vista: la fallocrazia esiste e persiste solo se celata. Non diversamente dalle fotografie di Robert Mapplethorpe o dai film di Rainer Werner Fassbinder, i disegni di ToF rompono gli schemi di questa cultura non solo facendo affiorare l’angolazione eretica dello sguardo omosessuale sul mondo, ma anche moltiplicando incessantemente le rappresentazioni del fallo, esagerandone le dimensioni, rendendolo onnipresente, seriale e in questo modo esplicitando e rendendo grottesco il dispositivo metonimico autocratico e vorace alla base della sua componente simbolica ed emancipando con un sorriso, lo stesso dell’uomo di Fucking the World, la struttura metaforica della sua componente immaginaria, ovvero liberando la spinta democratica e creativa del desiderio.

 

Untitled, 1976 – Graphite on paper, Tangermann Collection, Hamburg
© heribertschindler.de

 

Ecco perché l’immaginario di ToF, che si definisce nell’ambiente gay tedesco (ad Amburgo non solo Harald Tangermann e Peter Daun, proprietari del bar Tom’s Saloon e della sauna Club Uhlenhorst, gli commissionano murales e illustrazioni varie, ma si tiene la sua prima personale al Revolt Shop, primo gay sex shop europeo), nel corso dei successivi decenni è stato riprodotto in ogni angolo del globo, come i quadri di Keith Haring, e ha contribuito a ridefinire i feticci e le gerarchie identitarie non solo della comunità omosessuale, ma dell’intero mondo occidentale, ridisegnato (o meglio fottuto) dai falli di ToF come il pianeta del disegno da cui siamo partiti.

 

Strangers in the Night, 1968 – Graphite on paper, Jack Shear

 

Untitled, 1980 – Graphite on paper, Tangermann Collection, Hamburg © heribertschindler.de