Il cammino del supereroe: Mortal, di André Øvredal in Blu-ray Midnight Factory

Al di qua e al di là dell’oceano, la carriera di André Øvredal si muove come il protagonista di Mortal, che è sospeso fra l’ascendenza norvegese e la cittadinanza americana e non a caso, nel punto di snodo della vicenda, si ritrova pure incastrato su un lungo ponte sospeso su un fiordo. In fondo, il quarto film dell’autore nordeuropeo è innanzitutto una questione di attraversamenti: degli spazi naturali inquadrati con la sapienza di chi sa usare bene gli ambienti in senso espressivo, ma anche di stati d’animo che generano relazioni opposte. Come quella fra Eric e la psicologa Christine, inizialmente solo un dovere di lavoro, per poi diventare una complicità che spingerà la donna ad aiutare il ragazzo a fuggire, o meglio a ritrovarsi, ad attraversare il suo status da mortale a divino. Come già in passato, Øvredal lavora “sul limite tra orrore ancestrale e paure radicate nella vita, in un gioco di rispecchiamenti dove la fiaba diventa effetto della realtà e allo stesso tempo la rimodella”. Per questo attinge dal Mito norreno per creare quel film su Thor che la Marvel ci ha sempre negato, cupo, inquieto e carico di meraviglia. Ma lo fa scegliendo strade impervie e originali, perché iscrivere nuovamente la leggenda nel mondo contemporaneo è anche una questione di paradigma della narrazione. In tal senso, Mortal parte con la solennità dolente di un thriller della scuola scandinava, sospeso tra le atmosfere rarefatte degli scenari boschivi (che creano un collegamento con il precedente Trollhunter) e i paesaggi dominati dalle forze naturali, la neve, la nebbia e, naturalmente, i fulmini.

 

 

Qui si muove Eric, figura da perfetto whodunit, forse colpevole, forse vittima delle azioni violente che colpiscono chi gli è ostile e che per questo generano la necessaria detection. Solo che l’entrata in scena di Christine fa slittare il thriller verso la storia d’amore impossibile fra mondi divisi tra distanze siderali dello Starman carpenteriano. L’attraversamento diventa così occasione di conoscenza e unione, ma anche fuga dai servizi segreti che bramano il potere dell’outsider, mentre progressivamente le prospettive sfumano. La dimensione privata e quella politica sono a loro volta intrecciate a quella pubblica, dei media e della gente che acclama il ritrovato eroe che governa i fulmini, perché in lui riconosce la genia del mitico Thor. La rigidità del meccanismo giallo viene così frammentata, volutamente dispersa in un racconto corale che però resta sempre centrato sui due protagonisti, empatizza con loro, mentre aspetta che la profezia mitica si compia.

 

 

Dimensioni grandi e piccole così si accostano, un po’ in tutto questo film costruito fra grandi spazi e forze mitiche, ma comunque sempre ricondotto a dinamiche interpersonali molto dirette e intime: “è una storia piccola, perché si svolge in un villaggio lontano da tutto, di cui nessuno ha mai sentito parlare, e non a New York o a Parigi. Nel mio film non si vedono New York o Parigi distrutte. Mortal si è sviluppato dal fatto che per chi è nato e cresciuto in Norvegia, come me, la mitologia fa parte della vita, dell’esistenza quotidiana. Anche se non ne parli, però senti che c’è” racconta lo stesso autore nelle note presenti all’interno del booklet che accompagna l’edizione Blu-Ray Midnight Factory. Una naturalezza che il film riverbera nel modo in cui affastella gli stili fino all’ultima parte in cui l’epica raggiunge il suo compimento e si fa al contempo tragica: gli ambienti si restringono, gli strumenti per forgiare la mitologia si fanno concreti, mentre la dimensione pubblica e quella privata collidono. Il rispecchiamento fra il Mito e la dimensione umana lascia venir fuori quelle criticità già scoperte dai cacciatori di Troll o dagli anatomopatologi alle prese con la strega di Autopsy, perché ogni racconto nella visione di Øvredal è sempre da raccontare al buio e un Dio non è necessariamente un supereroe, ma resta sempre soggetto ai capricci della psiche umana.