La Marsiglia di Christophe Gavat: irresistibile, violenta, disperata

Christophe Gavat

29 settembre 2011, cinque del mattino, il super-sbirro Michel Neyret viene arrestato sull’uscio di casa. Si tratta di una leggenda della polizia, un fuoriclasse dell’indagine ad alto rischio che è stato capo dell’anti-gang della polizia di Lione. Ha ottenuto risultati strabilianti contro trafficanti di droga e terroristi. Un duro che ha ricevuto la Legion d’onore. Rispettato da tutti, adulato dai giornali. L’unico problema è che Neyret non si è mai posto limiti: relazioni pericolose con la zona grigia, informazioni pagate con droga sequestrata, azioni violente, spesso oltre la legge. Sbattuto in carcere per otto mesi, viene rimesso in libertà e immediatamente pre-pensionato dalle forze dell’ordine. Proprio quell’anno Olivier Marchal (poliziotto passato dietro la macchina da presa, suoi 36 Quai des Orfèvres, L’ultima missione, La truffa del secolo) gira A Gang Story. Nei titoli di coda si schiera apertamente e ringrazia Neyret, Poi a Le Figaro spiega: «Ovviamente l’ho fatto per amicizia e per me l’amicizia conta. Michel è un grande poliziotto, una leggenda. Non voglio parlare troppo del caso, è in corso e so che sono intercettato. Ma ciò che mi ripugna in questa vicenda è che, mentre in ogni caso bisogna considerare ciò che è incriminante e ciò che è scagionante, qui invece si è già deciso tutto. Michel ha svolto il suo lavoro con il suo metodo, che senza dubbio è diventato criticabile, perché i tempi stanno cambiando; ma è stato lui  a risolvere i casi più importanti degli ultimi trent’anni, ed è  sempre stato lui a catturare i criminali più importanti.  Si è voluto anche coinvolgere a tutti i costi  un grande poliziotto come Christophe Gavat». Gavat è il  vice di Neyret e finisce per 96 ore al gabbio: si tenta di forzarlo alla delazione nei confronti del suo capo, viene sospeso dalla polizia e travolto dalle accuse. Quando esce di galera, dopo avere vigorosamente difeso il proprio operato, è un uomo finito. Marchal lo incontra prima del processo per traffico di stupefacenti e appropriazione indebita: «era distrutto: gli ho consigliato di elaborare la sua vicenda con la scrittura». (in apertura una immagine di l’Évêché, l’hôtel de police di Marsiglia).

 

 
Gavat segue il consiglio e scrive 96 heures, un commissaire en garde à vue (inedito da noi, molto incisivo,  il poliziotto ripensa alla sua carriera, proclama la sua innocenza e critica il modo in cui è stata condotta l’indagine). Al libro si ispira molto liberamente Marchal per il suo film Borderline. La vicenda si chiude il 12 giugno 2018, Gavat viene assolto per non avere commesso il fatto e già da alcuni anni era stato reintegrato in polizia. Poco dopo Michel Neyret si prende quattro anni per avere combattuto gang e terroristi con i loro metodi ma la sentenza certifica che con il suo operato non ha ottenuto nessun arricchimento personale. Il ministro degli Interni Claude Guéant che dopo avere esaltato Neyret per anni era divenuto il suo primo accusatore,  da grande fustigatore dei costumi (altrui) finisce per essere condannato a due anni di reclusione  per concorso in malversazione di fondi pubblici, corruzione e associazione a delinquere con Nicolas Sarkozy. Alla fine della vicenda l’unica notizia positiva è che si può salutare la nascita di un grande scrittore di polar: Christophe Gavat, che dopo avere saldato i conti con il suo vissuto con altre due opere:  Flic un jour, flic toujours (2014) e Corruption ordinaire (2018) ha potuto confrontarsi con la fiction, anche se è chiaro che le sue storie affondano nella realtà dei commissariati. I romanzi in questione sono Omicidio a Cap Canaille (pag. 269, euro 12,50) e Endorfine (pag.254, euro 19), entrambi tradotti da Maddalena Togliani. Da noi sono arrivati grazie a Neri Pozza, opere iperrealiste, con uno stile asciutto e nitido.  Sono ambientate a Marsiglia e hanno come protagonista il comandante della brigata criminale Henri Saint-Donat e la sua squadra. Saint-Donat corre nella notte in moto, vive ad alta veolcità per non dovere elaborare la morte del figlio per cancro. Ha una moglie che lo comprende e lo consola ma non gli basta, la sua vera famiglia sono i suoi ragazzi:  la granitica Lucie Clert, figlia di una leggenda della polizia e il tenente Basile Urteguy, che con il diploma in pianoforte in tasca ha scelto di difendere la legge. Un assaggio: «La strada è sgombra. Il sole dona al Mediterraneo tutti i suoi bagliori. Il pilota prova un piacere indicibile ad affrontare le curve cercando la perfezione. Sotto il casco Saint-Donat mormora: laggiù tutto è ordine e bellezza, lusso, calma e voluttà». In Omicidio a Cap Canaille Henri e i suoi si trovano alle prese con un “barbecue” (specialità marsigliese: esecuzione con corpo bruciato in un’auto). La storia, ritmatissima, incrocia rapine in stile militare a furgoni blindati con traffico di stupefacenti, reati commessi in giro per la Francia che però portano tutti a Marsiglia. Il ritratto della città è clamoroso, la scelta di infilarsi nello stadio mentre gioca l’O.M. splendida:  il Vélodrome è, da sempre, uno dei cuori di Marsiglia: «nel furore e tra la folla. È giunto il tempo dell’azione».

 

 
Endorfine rivede la squadra al lavoro.  La vita a Saint-Donat non ha fatto sconti: è  vedovo, depresso e medita il ritiro. Per distrarlo lo spediscono in Québec a un congresso internazionale di polizie. A casa rimangono Lucie e Basile che si sono sposati e hanno un figlio. Nel frattempo fra Marsiglia e Tolosa si dipana una storiaccia: una prostituta viene lanciata dal quinto piano e un musicista viene torturato e ucciso. I due omicidi sono collegati, Basile Urteguy indaga e una notte scompare. È stato rapito. Saint- Donat deve rientrare e mettersi in caccia di un sadico psicopatico. Il romanzo è violentissimo (c’è persino un tipo che tortura il prossimo con il trapano elettrico…), ma irresistibile. La violenza non è mai ingiustificata, nel romanzo non c’è alcun eccesso morboso. Christophe Gavat è prima di tutto uno scrittore che traduce ammirevolmente il dolore dei suoi personaggi. «Siamo definiti e condannati dai crimini e dall’epoca in cui viviamo» spiegava il grande David Peace e Gavat lo ribadisce con forza e autenticità dal suo punto di osservazione sulla società. Gavat ha lavorato a Marsiglia, quindi conosce ciò che descrive, fa luce su un mestiere difficile ed è chiaro che le riflessioni che attraversano le sue storie partono da esperienze personali. Questi sono anni nei quali Marsiglia è in fiamme: nello scorso gennaio M, il magazine di Le Monde ha dedicato la cover alla guerra fra gang che sconvolge la città. Nel 2023 sono stati registrati 49 omicidi legati al traffico di droga, con un aumento del 50% rispetto al 2022. Quasi un morto alla settimana in sparatorie ormai indiscriminate . Un “narcoterrorismo” che stupisce per la sua estensione in quartieri precedentemente risparmiati e soprattutto per la giovane età delle vittime, cadono i 16enni, e pare non interessare a nessuno.