Very speculative fiction: L’abisso personale di Al-Farabi e altri racconti dell’orrore astratto di Claudio Kulesko

Il sapiente Abn Al-Farabi si sveglia con un vortice nero che lo aspetta nella stanza in cui ha dormito. Una squadra di militari incontra un essere non definibile come un io ma come un noi. Un professore di filosofia tiene un seminario, fin troppo concreto, in cui parla del collasso della realtà. Questi e altri racconti compongono L’abisso personale di Al-Farabi e altri racconti dell’orrore astratto (Produzioni Nero, pag.135, euro 18), raccolta di narrativa breve di Claudio Kulesko, filosofo indipendente che abbiamo già avuto modo di leggere in lavori come Demonologia Rivoluzionaria e Blackened. Kulesko sperimenta, nella sua prima raccolta personale di narrativa breve una declinazione sui generis della narrativa horror che si concretizza in una serie di racconti brevi in cui l’orrore è di natura profondamente metafisica. L’errore sarebbe classificare questo lavoro insieme ai tanti che, con risultati altalenanti, esistono sotto quel prospero e forse inflazionato ombrello semantico individuabile con l’aggettivo lovecraftiano. Se la somiglianza c’è resta tutta in superficie, la direzione che la poetica di Kulesko prende è tutt’altra ed è quella di esprimere l’aspetto spaventoso della narrativa dell’orrore identificandolo con una componente che senza dubbio non appartiene al nostro mondo ma è più vicina a un’incarnazione in forma di minaccia della speculazione filosofica.

 

 

Le short stories metafisiche di Kulesko non si perdono in voli pindarici che rischierebbero di schiacciare l’efficacia fulminante della narrativa breve sotto il peso di massimi sistemi inutilmente articolati e fuori luogo per questo genere letterario ma conservano la schiettezza diretta e priva di fronzoli di un frammento presocratico, quel rapporto vitale e privo di mediazioni eccessive fra il filosofo e l’oggetto della sua ricerca, il tutto concretizzato (nonostante il titolo), in minacce e anomalie che se da una parte conservano l’algidità della speculazione dall’altra sono imbevute di un’atmosfera cupa, nichilista e priva di speranza che riporta il lettore alla dimensione più viscerale del racconto dell’orrore. Quella di Kulesko è una poetica delle idee, che fa un uso per lo più strumentale del linguaggio che è qui utilizzato come un mezzo per veicolare contenuti e non come un orpello da lavorare e lucidare. Vengono prima la narrazione e la speculazione filosofica, l’estetica c’è ma non è primaria e non si frappone tra il lettore e il racconto dei concetti che dà il passo alla raccolta. L’abisso personale di Al-Farabi e altri racconti dell’orrore astratto porta quindi avanti un’esplorazione genuina, senza quelli che Raymond Carver chiamerebbe trucchi da quattro soldi perché in tal senso Kulesko di giochini non ne fa: prende le tematiche su cui lavora quotidianamente, su cui ha scritto e tuttora scrive, e compie un’operazione la cui definizione, in letteratura, è come minimo abusata: sperimenta. E non lo fa in quella maniera smartass e fine a sé stessa finalizzata a flexare la propria preparazione letteraria ma genuinamente, con atteggiamento autenticamente filosofico, prende concetti normalmente declinati in un modo, li declina diversamente e prova un po’ a vedere cosa succede, se ne viene fuori qualcosa di buono e, possibilmente, replicabile, perché questa è la natura genuina di un esperimento. L’abisso personale di Al-Farabi e altri racconti dell’orrore astratto è speculative fiction che prova a esplorare i confini del genere con curiosità onesta e autentica.