L’ultimo cerchio del paradiso e L’albergo dell’alpinista morto: doppia festa per i fan dei fratelli Strugackij

Gli estimatori del lavoro immenso di due pesi massimi della letteratura come Arkadij e Boris Strugackij hanno due motivi in più per gioire. In rapida successione sono usciti due libri dei fratelli russi precedentemente inediti in Italia: L’albergo dell’alpinista morto, pubblicato da Carbonio editore (pag.270, euro 16,50) che un volume per volta sta portando nelle librerie alcune fra le opere più interessanti degli Strugackij, e L’ultimo cerchio del paradiso, uscita numero 1703 della storica collana Urania (pag.205, euro 6,90). Originariamente pubblicato nel 1970, L’albergo dell’alpinista morto prende le mosse dagli intenti vacanzieri fallimentari dell’ispettore Peter Glebski che, partito con l’idea di rilassarsi per qualche settimana in un albergo sulle montagne innevate, si ritrova coinvolto in un turbine di eventi surreali e di personaggi sopra le righe, coinvolto in un caso di omicidio che ha ben poco di prevedibile. Uscito nel 1965, L’ultimo cerchio del paradiso è un romanzo di fantascienza che vede l’intellettuale Ivan Zilin alle prese con i segreti più oscuri di una città all’avanguardia in cui la tecnologia all’avanguardia è finalizzata alla somministrazione di piaceri sempre più sofisticati. Pur diversi nei toni e nelle atmosfere, i due romanzi condividono una struttura di base tipica della maniera di narrare dei fratelli Strugackij: viene delimitato un ambiente ben preciso e circoscritto entro il quale vengono fatti agire i personaggi della storia.

 

 

Nel caso di L’ultimo cerchio del paradiso abbiamo una città che, per quanto grande possa essere, è un perimetro ideale che segna un confine netto fra un dentro e un fuori mentre il protagonista di L’albergo dell’alpinista morto può andare poco lontano per cause di forza maggiore quando una valanga ostruisce la strada che gli permetterebbe di allontanarsi. Il confronto fra i due romanzi, più che in altri casi, mette in risalto la versatilità di Arkadij e Boris Strugackij che, a partire dallo stesso dispositivo narrativo, danno vita a due libri profondamente differenti nonostante l’incipit sia molto leggero e scorrevole in entrambi i casi. Entrando nel vivo delle storie, tuttavia, i percorsi dei due romanzi si dividono. L’ultimo cerchio del paradiso è una distopia allucinata che porta avanti una critica febbrile quanto tagliente di tutte le dinamiche più malsane e distruttive del capitalismo, mettendo a nudo tutta la distruttività di un edonismo concepito come una macchina cieca che macina senza criterio la stabilità mentale del singolo e la coesione del corpo sociale, anticipando per certi versi la filosofia che si sarebbe sviluppata appieno anni dopo nel cyberpunk. L’albergo dell’alpinista morto è invece un giallo surreale e al tempo stesso profondamente ironico, estremamente moderno sia nel coordinare efficacemente le azioni e le interazioni di una moltitudine di personaggi stralunati e molto umani al tempo stesso sia nella sua riflessione meta testuale che analizza il genere a partire dall’opera di Friedrich Dürrenmatt, il tutto attraversato da una forte venatura etica. L’uscita di due romanzi degli Strugackij a distanza ravvicinata ne chiama a gran voce la lettura in sequenza proprio per apprezzare una volta di più, qualora ancora ce ne fosse il dubbio, la capacità di due giganti che non a caso occupano un posto di rilievo sulla scena mondiale, apprezzati anche dalle nostre parti seppur mai abbastanza, due autori di culto che la loro posizione se la sono guadagnata con lavori in grado di influenzare la letteratura degli anni a venire e di anticiparne le tendenze. In tal senso non sarebbe male un’edizione ragionata, completa e in successione cronologica, di tutte le loro opere.