La spesa annua degli americani per la pornografia (intesa come internet, home video, tv, spettacoli live, giocattoli, ecc.) si stima superi i 10 miliardi di dollari. I calcoli sono comunque difficili perché ipotizzare il giro d’affari del porno su internet è un’impresa ardua. Si sa che oltre il 25% del traffico mondiale ha carattere pornografico. Esistono più di 4 milioni di portali dedicati alla pornografia e sono circa 150 milioni le pagine virtuali pornografiche visitate ogni giorno. Tutto ciò che produce ricchezza non viene messo sotto attacco in una società che ha affidato all’economia un ruolo di guida e di produzione di senso, quindi il porno prospera. Però essere lavoratori del settore non è un grande affare. Alcuni anni fa il sito BadGirlsBible ha evidenziato come solo poche pornostar riescono a guadagnare oltre 100mila dollari all’anno e ad affermarsi, mentre la maggior parte delle performer riesce a portare a casa circa 40/50 mila dollari annui. A quale prezzo? Ce lo illustrano i tre documentari della serie After Porno Ends, che comunque si occupano solo di superstar (i primi due capitoli sono visibili, gratis, su https://watchdocumentaries.com). Nella maggior parte dei casi si tratta di persone con un livello di scolarizzazione molto basso, alcune hanno subito abusi, sono entrate nell’industria molto giovani e ne sono uscite con le ossa rotte (anche in senso non metaforico visto che hanno anche a che fare con fan malati che in realtà sono dei maniaci). Randy West, uno storico stallone che dopo essersi ritirato ha lasciato la California (la San Fernando Valley era la culla dell’industria) per Las Vegas e il golf afferma che:”Non è facile tornare fra i civili. Per questo sono solo e non sono riuscito a formare una famiglia”. Dice proprio civili, come se fosse il reduce di un qualche esercito. (In apertura un’immagine di After Porn Ends 3).
I primi due film (del 2012 e 2017) sono diretti da Bryce Wagoner e appaiono più incisivi ed emblematici, forse anche perché schierano delle icone; il terzo del 2018 vede dietro la macchina da presa l’ex-pornostar Brittany Andrews che sceglie di mostrare come le vecchie star si sono inventate un’altra vita raccontando gli splendori del passato, scrivendo libri, diventando ospiti dei talk show. In tutti e tre i documentari c’è una tendenza a riscrivere a posteriori la propria vita, ad accomodarla rispetto alle esigenze contemporanee. Sono poche le attrici che rivendicano le loro scelte, ad esempio ci sono Seka, Jenna Jameson e Nina Hartley che non si pentono di nulla. Ma la maggior parte recrimina e vive male il proprio passato: Asia Carrera, rimasta vedova con due bambini, ha chiesto aiuto ai vecchi fan che hanno risposto in maniera sorprendente, ma la voice over ci avverte che ora è un’alcolista; Crissy Moran dopo il ritiro è diventata cristiana e si impegna nel comitato Beauty From Ashes Ministry che vuole salvare chi lavora nell’industria dell’intrattenimento per adulti; Raylene piange abbracciando il figlio ma la voice over ci comunica che nel frattempo è tornata in scena (nel 2014 si è di nuovo ritirata)…Per alcuni psicologi molti lavoratori dell’industria pornografica soffrono di una sorta di disturbo da stress post-traumatico. Non aiuta che qualsiasi cosa facciano per passare inosservati non serve e vengono sempre riconosciuti. Poi c’è il problema dei figli, come spiegargli le esperienze passate? Tiffany Million, una dura che oggi fa la cacciatrice di taglie (e apre il primo capitolo sparando nel deserto), sembra avere instaurato un grande dialogo con la figlia, come Richard Pacheco che non le ha mai nascosto nulla, con il risultato che la ragazza ha deciso di “non volerlo giudicare”.