Almeno un oro in più e almeno lo stesso totale di medaglia di Tokyo. La domenica che conclude la trentatreesima edizione dei Giochi olimpici estivi non potrà che impreziosire ulteriormente un’edizione comunque positiva per l’Italia, che nel giorno che avrebbe dovuto essere di Tamberi, conquista comunque un argento e due bronzi.
La finale di salto in alto per noi comincia di fatto nella prima mattinata, quando il popolare Jimbo annuncia via social di essere stato svegliato alla cinque da una nuova colica renale e che il dolore persiste: “Sono riuscito a battere il destino una volta dopo quell’infortunio del 2016, questa volta purtroppo penso proprio che abbia vinto lui”. Dopo aver perso la fede (nella Senna) ha perso la speranza, mi suggerisce via whatsapp il collega con il quale nel 1992/93 avevo condiviso una rubrica umoristica sulle pagine sportive del Giornale di Brescia, che, ispirata dai cognomi dei curatori, si chiamava B&B. Non è mai elegante citarsi addosso (soprattutto controvento) ma a distanza di trent’anni da quell’unicum (il mio sodale non ne volle sapere di proseguire, portando ad esempio – molto alto – le trasmissioni di Renzo Arbore) penso però che si possa fare un’eccezione. Nel pomeriggio ecco il post della moglie Chiara che annuncia un nuovo ricovero, con tanto di foto del coniuge sotto flebo, prima che lo stesso Tamberi ne spieghi le ragioni (“ho vomitato sangue due volte”). Infine alle 17 l’ultima comunicazione: “Ci sarò”. “Se poi gareggia e fa bene – aveva suggerito quel gran genio del mio amico (Sì, viaggiare, Lucio Battisti 1977) – possiamo aggiungere: Oggi le coliche. A maggior ragione essendo sabato, approvo. (In apertura l’arrivo dell’’etiope Tola, vincitore della maratona maschile. Le immagini sono di Franco Bassini).
La gara di Jimbo termina presto: 2.22 al terzo tentativo, dopo aver passato i 2.17, e tre errori a 2.27. E qui il destino sembra volere ripagare l’Italia dopo tanta malasorte. Stefano Sottile infatti non commette errori fino a 2.31, che comunque supera alla seconda prova, per poi migliorare il personale con il 2.34 valicato al primo tentativo. A quella misura con lui sono rimasti in gara soltanto altri tre saltatori: il co-campione olimpico uscente Barshim, percorso netto, il neozelandese Kerr e lo statunitense McEwan, entrambi con due errori, mentre l’azzurro ha sbagliato soltanto una volta. Quando l’asticella viene posta a 2.36, Sottile è dunque secondo, ma quel punto esce la combinazione che lo relega al quarto posto: lui e l’alfiere del Qatar inanellano tre errori, mentre i due che lo seguono ce la fanno, entrambi al primo tentativo. La gara prosegue per loro a 2.38, misura che si rivela invalicabile: a questo punto, perfettamente appaiati, potrebbero dividersi l’oro come Tamberi e Bershim tre anni fa, ma decidono di andare al barrage, la cui formula prevede un solo tentativo per quota, abbassando progressivamente l’asticella, che il neozelandese supera quando è posta a 2.34. L’oro va dunque in Oceania, l’argento negli USA, il bronzo nella penisola araba. Beffardo! (Sempre Carlo Pistarino a Drive In: ma non avevo niente di meglio da fare la sera negli anni Ottanta?).
La mia giornata era invece iniziata sul prestino, per seguire la maratona maschile, conclusa con la netta vittoria dell’etiope Tola in 2h06’26, sei secondi in meno del record olimpico che resisteva dal 2008, quando il povero keniano Wanjiru, all’epoca non ancora ventiduenne, trionfò nella torrida mattinata di Pechino. Il nuovo primatista invece sta per compiere 33 anni, essendo nato l’11 agosto del ‘91 e ha al suo attivo il bronzo olimpico sui 10.000 di Rio, il titolo iridato sui 42,195 km del 2022 a Eugene e il successo a tempo di record a New York nello scorso novembre. Accreditato di un personale di 2h03’39’’, corso in occasione della vittoria ad Amsterdam nel 2021, l’esperto etiope ha attaccato nel corso del ventottesimo chilometro, quando la strada proponeva due salitelle, dapprima allungando la fila del gruppetto di testa e poi facendo il vuoto, così da tagliare il traguardo con 21’’ di vantaggio sull’entusiasta belga Abdi e 34’’ sul mogio keniano Benson Kipruto, fresco di personale a Tokyo, dove a marzo aveva vinto in 2h02’’16. Lontani i due italiani: Crippa venticinquesimo in 2h10’’36 e Faniel oltre il quarantesimo posto, dopo essersi guadagnato qualche minuto di gloria, in fuga solitaria intorno ai 15 chilometri. E qui torna in pista (in strada…) la rediviva B&B, per immaginare un titolo a effetto, almeno all’ombra del colle Cidneo e provincia: Che Tola! Giocando sul fatto che nel gergo bresciano la tola è quella che i francesi, e non solo loro, chiamano gaffe.
Abbandonate in fretta e furia le tribune de Les Invalides (a destra l’omonimo Hôtel, a sinistra il Grand Palais, di fronte la Tour Eiffel: magnifico, ma mi emozionavo di più quando gli atleti facevano il loro ingresso nello stadio dalla porta di Maratona e ottantamila spettatori, o quelli che erano, si alzavano in piedi per applaudirli durante il tradizionale giro e mezzo di pista) mi sono precipitato all’Arena di Bercy per Germania-Serbia, la finale per il bronzo del torneo di basket. Sfida tra due squadre deluse, ma tutt’altro che demotivate, alla luce della medaglia in palio e anche dell’ultimo precedente, la finale dei Mondiali dello scorso anno, vinta dai tedeschi. Sì, vendetta, tremenda vendetta (Giuseppe Verdi, Rigoletto, 1851). La squadra di Pesic ha comandato fin dalle battute iniziali (7-3) per poi chiudere 30-21 un primo quarto interpretato in maniera un po’ allegrotta da entrambe le contendenti, volare sul 37-23 e andare al riposo avanti di 8 lunghezze (46-38). Più intenso e combattuto il secondo tempo, nel quale la Serbia ha cercato di sferrare due volte il colpo del ko (52-38 e poi 64-45 propiziato da una fiammata dell’ex varesino Avramovic), ma la Germania ha saputo reagire (63-72 al 30’). Nell’ultimo parziale la squadra slava ha poi tenuto a bada i tedeschi, piegati alla sirena 93-83, con un monumentale Jokic (19 punti, 12 rimbalzi, 11 assist, 38 di valutazione) ben coadiuvato da Micic (19), Bogdanovic (16), il già citato Avramovic (13), Petrusev (11) e Marinkovic 10): ben sei uomini in doppia cifra a conferma della ricca varietà di soluzioni offensive.
Qui il balletto che ha introdotto le gare alla Arena di Bercy
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Sul fronte opposto 34 punti in coppia per i fratelli Wagner (18+16, Franz il più prolifico, Moritz il più preciso), 13 di Schroder e 11 di Thiemann. Nel dopo partita, l’allenatore tedesco Gordon Herbert è apparso provato, biascicando risposte che eufemisticamente potremmo definire sintetiche, affiancato da uno Schroder viceversa più spumeggiante di quanto non fosse stato in campo. Dal canto suo Svetislav Pesic, 75 anni a fine mese, esprimendosi in un inglese creativo quasi come l’italiano del suo connazionale e collega Boskov, ha strappato più di un sorriso, mentre Bogdanovic ha usato proud (orgoglioso) con la stessa frequenza con la quale Sacchi utilizza l’aggettivo intenso. (Mi illumino d’intenso sarà senz’altro la sua poesia preferita: sei sempre nei nostri cuori, Gianni Mura). A metà pomeriggio, mentre sedevo solitario sulle tribune dello Stade de France (che mi mancheranno, lo so già, come d’altronde la cella frigorifera di Bercy) avendo avuto cura di sparpagliare il contenuto dello zaino in modo da delimitare l’ampio territorio destinato ai colleghi come da gentile richiesta, ecco arrivare la notizia del bronzo vinto dalla squadra di ritmica, sufficiente perché l’Italia concluda la seconda Olimpiade consecutiva avendo conquistato almeno una medaglia al giorno (domenica provvederà la squadra di volley femminile, impegnata alle 13 nella finale con gli Stati Uniti). Le azzurre Martina Centofanti, Agnese Duranti, Alessia Maurelli, Daniela Mogurean e Laura Paris, che sono state precedute da Cina e Israele, hanno dedicato il bronzo olimpico a Emanuela Maccarani, l’allenatrice accusata di abusi e poi assolta: “In questi anni siamo rimaste in silenzio e la miglior risposta è il risultato di oggi”, sono state le parole della capitana Alessia Maurelli.
E mentre Tamberi effettuava il riscaldamento, ecco l’argento nella Madison di Elia Viviani e Simone Consonni e, poco dopo il salto riuscito a 2.22 di Jimbo, il bronzo del pentathlon individuale grazie al ventiquattrenne torinese Giorgio Malan. In verità, il secondo posto maturato al velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines ha un retrogusto amarognolo, perché la coppia azzurra é stata lungamente al comando, prima di essere superata dal Portogallo che ha collezionato 54 punti, contro i 47 dell’Italia, penalizzata da una caduta di Consonni a diciannove giri dalla fine. Per entrambi gli azzurri si tratta della terza medaglia olimpica: il trentacinquenne Viviani, alla quarta Olimpiade, aveva infatti vinto l’oro a Rio e il bronzo a Tokyo sempre nell’omnium, mentre il ventinovenne bergamasco tre anni fa si era assicurato il metallo più prezioso nell’inseguimento a squadre, specialità nella quale in settimana aveva conquistato il bronzo: per la famiglia Consonni questi Giochi si concludono quindi con un podio completo, visto che venerdì Chiara aveva vinto l’oro, sempre nella Madison. Nelle altre gare di atletica, vittoria del keniano Wanyonyi negli 800 con un eccellente 1’41’’19, precedendo al fotofinish il canadese Arop (1’41’’20), mentre l’algerino Sedjati è terzo in 1’41’’50. Tecnologia decisiva anche per assegnare le medaglie dei 100 ostacoli, andate nell’ordine alla statunitense Russel (12’’33), alla francese Samba-Mayela (12’’34) e alla portoricana Camacho-Quinn (12’’36). Nei 5.000 pronostico rispettato con il norvegese Ingebrigsten a conquistare a nemmeno 24 anni il secondo oro olimpico, dopo quello di Tokyo nei 1.500, correndo in 13’13’’66 e staccando nettamente il keniano Kwemoi e lo statunitense Fisher. Nei 1.500 femminili la keniana Kipyegon – sì, proprio quella squalificata e poi riammessa nei 5.000, così da escludere dal podio la Nadia nazionale – con il record olimpico di 3’51’’29 ha preceduto l’australiana Hull e la britannica Bell. Nel giavellotto donne, la giapponese Kitsguchi (65.70) ha battuto la sudafricana van Dik (63.93) e la ceca Ogrodnikova (63.68), mentre nelle ultime gare in pista di questi Giochi, le staffette 4×400, gli USA hanno fatto doppietta. In campo maschile precedendo in volata il Botswana con la Gran Bretagna a completare il podio e l’Italia di Sito, Aceti, Scotti e Sibilio soltanto settima, mentre le donne hanno vinto per distacco sui Paesi Bassi e la Gran Bretagna.
Ci salutiamo con la finale della pallavolo femminile e con una scorpacciata di numeri.