All the Fun della Compagnie Ea Eo: esercizio di fragilità al Berlin Circus Festival

Decostruita e divertita, la giocolieria della Compagnie Ea Eo, ospite del Berlin Circus Festival alla sua ottava edizione, sebbene eccentrica, caleidoscopica, ipnotica non è mai vuotamente nonsensica, come a uno sguardo di superficie potrebbe sembrare il suo scherzare, divagare, giocare con le forme e nelle forme. Piuttosto è una danza poetica di caos e controllo, un disequilibrio scomposto, continuamente messo in salvo e perduto di nuovo, in grado di afferrare così – per un momento – l’essenza inafferrabile di ogni sospensione. La compagnia belga, fondata nel 2009, in questo All the Fun (in una, chissà quanto per gioco, dernière mondiale), gioca a smontare e rimontare le cose, a sperimentare (e farci sperimentare) l’imprevisto e il paradosso. Saltare e ballare con un sacchetto di plastica  in testa (con questa immagine si apre lo spettacolo) può essere dunque una postura poetica, una dichiarazione d’intenti, la manifesta consapevolezza, in fondo, che giochiamo – tutti in qualche modo – alla (mosca) cieca.

 

 

 

Sicuramente questi cinque elementi di bianco vestiti, seduti in principio fra il pubblico a segnare una vicinanza con lo spettatore che stimola la complicità, sanno smontare i classici del genere con leggerezza e prendersene gioco. Anche letteralmente, quando la clava del juggler viene vivisezionata in tutte le sue parti, rivelando una complessità interna/interiore inattesa; o quando sono rivoltati – come un calzino, verrebbe da dire – alcuni k-way arancioni, per re-inventarsi una techno danza della pioggia in quattro atti, un rave party pulsante e squilibrato che infine produce l’agognato liquido, in forma di sudore copioso, ed entusiasmo straripante del pubblico. Pur lavorando con strumenti canonici (clave e palline), raramente, quasi ironicamente, gli oggetti (e)seguono il gesto o la forma convenzionale che ci aspetteremmo da loro, piuttosto la relazione è un corpo a corpo continuo con l’attrezzo, con l’altro e con il gruppo tutto, per prove ed errori, azzardi e contese. Sì, perché i cinque artisti che si alternano e si mischiano sulla scena, sono un insieme simbiotico e simbolico che ribolle e s’incastra, si avvolge e respinge, si sfida e si abbraccia, sostenendosi e ribaltandosi. Clave e sfere rimbalzano, scivolano sui declivi dei corpi, cadono e rigirano in movimenti a due o collettivi (raramente solisti) che paiono a tratti un quadro di Escher animato, un puzzle carnale di tic, gag e fioriture (molto ricordando il genio di un Yann Frisch, campione di magia capace di fondere giocoleria, prestigiazione, mimo e poesia). Questa sintonia di oggetti e soggetti non è però ricerca sterile della perfezione, o vano  pavoneggiamento.

 

 

C’è sempre qualcosa di asimmetrico, che si traduce in continuo senso (non solo della sfida), che comprende e accoglie la possibilità dell’errore e il moto della sbavatura (imprecisione o caduta che sia). L’insieme esplosivo e stupefacente non è disgiunto dalla consapevolezza profonda della fragilità del tutto, l’inclusione del fallo e la dimensione sempre presente del limite. C’è un momento dello spettacolo in cui un microfono ad asta è tenuto in equilibrio sulla fronte di un uomo supino, costretto a un estenuante e caotico movimento che fa leva sul suo deretano e, mentre il compagno in piedi, seguendo i sussulti di quell’equilibrio precario, va dietro al microfono smottato e teorizza in discorso che la linea disegnata da questo movimento, sorta di scherzo utopico alla Hundertwasser (che voleva tracciare la linea più lunga del mondo), disegni una geometria senza fine sul cerchio della pista. L’attrito di quel sedere, quel calore/dolore/ardore che figura descrive? Forse, come suggerisce infine l’oratore “senza la fragilità, c’è solo freddo, e morte”. Fine. Scherzo, artificio retorico e numero a due di estrema difficoltà, trovano una felice sintesi. Questo moto perpetuo, una direzione, questo attrito una scintilla di significato, e di vita. Che dire di più di un numero di jonglerie che, lontano anni luce dall’esercizio di stile, trova nel gioco una via preziosa (tortuosa?) di guardare all’umano e al suo fragile equilibrio?

 

 

 

Foto di Ben Hopper

Spettacolo visto a Berlino, Berlin Circus Festival, 5-7 agosto 2022