L’apparenza inganna, fratellanza e solitudine in un gioiello della compagnia Lombardi-Tiezzi

Nel periodo natalizio, in un appartamento di Vienna, tra bauli ricolmi di vecchi abiti, una sequela di scarpe ben allineate e alcune fotografie ingiallite, un vecchio signore in pigiama striscia sul pavimento alla ricerca della sua limetta per le unghie. Si tratta di Karl (Sandro Lombardi), un tempo artista – è stato giocoliere al Lido di Parigi, ma anche a Baden Baden e Londra – che attende la visita di suo fratello Robert (Massimo Verdastro), un ex attore la cui interpretazione più memorabile è stata il Torquato Tasso di Goethe. Da quando sono in pensione i due si fanno visita ogni martedì e ogni giovedì. Il martedì è Robert che va da Karl, il giovedì Karl rende la visita a Robert. Entrambi detestano questo rito («Come odio questi martedì, e i giovedì li odio ancora di più», ripete Karl, a cui fa eco Robert «come odio questi giovedì»), ma nessuno dei due riesce a farne a meno e non è nemmeno pensabile apportare il minimo cambiamento, come potrebbe essere la variazione di giorno («Lasciamo tutto com’è, deve diventare un’abitudine»).

 

L’apparenza inganna, pièce scritta nel 1983, è la storia di due solitudini che non comunicano tra loro (anche quando sono insieme, ognuno continua a parlare a se stesso), ma che sono più simili di quanto vorrebbero. Pieni di manie e idiosincrasie – «pedante e preciso» Karl, ipocondriaco e nostalgico Robert, interessato solo all’aspetto economico delle cose Karl, più idealista Robert che ha il grande rimpianto di non aver mai interpretato re Lear in scena – i due fratelli sono rivali da sempre («un attore se sbaglia può fingere, un artista giocoliere non può», dice Karl). Diversi ma in fondo uguali, come spesso succede nelle opere di Thomas Bernhard: a tutti e due «è mancato il calore di un nido familiare» perché entrambi hanno rotto i ponti con i genitori «scandalizzati» dalle scelte artistiche dei figli, ognuno di loro «si è meritato il suo destino», ma soprattutto entrambi sono legati a Mathilde, moglie di Karl, morta di recente, che nel testamento ha lasciato al cognato la casetta dei week-end, infliggendo al marito un grande dispiacere e creando ulteriore attrito tra i due. Un testo che è un grande omaggio all’arte dell’affabulazione e della recitazione in particolare: non a caso l’azione procede attraverso monologhi, quasi una partitura in cui ogni personaggio è chiamato a fare il suo assolo, a cui seguono i battibecchi tra i due, di grande raffinatezza ma estremamante pungenti perché recitare è un’ancora di salvezza e un antidoto alla solitudine, come sottolinea Robert: «Non tanto l’arte quanto la possibilità di stare regolarmente in mezzo alla gente per paura di smetter da soli di andare alla deriva».

Bene ha fatto la compagnia Lombardi-Tiezzi a riportare in scena, in questa nuova versione, L’apparenza inganna che nel 2000 era valso a Federico Tiezzi un Premio Ubu per la regia. Particolarmente azzeccata da questo punto di vista, la scelta di due ambienti distinti, che rappresentano i due appartamenti (e che sottolineano una volta di più la diversità dei due fratelli: pieno di vecchi oggetti quello di Karl, accogliente e caldo quello di Robert) in cui gli spettatori vengono accolti e assistono alle schermaglie tra i due da una posizione privilegiata, come se fossero stati invitati in casa per essere testimoni del gioco delle parti che a tratti diventa un gioco al massacro e che va in scena a cadenza regolare. Per sminuire il fratello, Karl, facendosi portavoce dello stesso Bernhard che ha dedicato agli attori numerosi testi teatrali, a un certo punto dice: «A me gli attori hanno sempre interessato quelli notevoli». Ed è il caso di Sandro Lombardi e Massimo Verdastro, perfetti nell’impersonare Karl e Robert nelle parole, nei gesti e negli sguardi. Uno spettacolo da non perdere, che riconcilia lo spettatore con l’andare a teatro.

 

Milano    Teatro Franco Parenti    fino al 2 aprile

Pistoia     Teatro Manzoni                4-5 aprile