A Washington la mostra The Divine Comedy

Zoulikha Bouabdellah, Silence, 2008-2014, Installation: 24 prayer rugs, 24 pair of shoes Courtesy: the artist © Zoulikha Bouabdellah
Zoulikha Bouabdellah, Silence, 2008-2014, Installation: 24 prayer rugs, 24 pair of shoes Courtesy: the artist © Zoulikha Bouabdellah

The Divine Comedy: Heaven, Purgatory and Hell Revisited by Contemporary African Artists, questo il titolo della mostra curata dal critico e scrittore Simon Njami che fino al 2 agosto si può visitare al National Museum of African Art di Washington (dopo essere stata al MMK di Francoforte, dove ha inaugurato lo scorso anno e allo SCAD di Savannah, in Georgia). 57 artisti africani di 19 differenti paesi e di diverse religioni – ci sono cristiani, buddisti, musulmani, ebrei, ma anche atei e agnostici – si confrontano con la Divina Commedia di Dante, opera di riferimento per la cultura occidentale, che contiene però temi universali. Non per nulla nel tempo è stata fonte di ispirazione per gli artisti più svariati, da Botticelli a Dalì, passando per Delacroix, Blake, Rodin, Rauscehnberg.

Il risultato finale sembra dire che l’aldilà non appartiene a nessuno o, meglio, appartiene a tutti e che per cercare di comprenderlo va affrontato in maniera polisemica. Nelle parole di Njami, «non si tratta tanto di un’impresa di interpretazione dell’Africa, quanto piuttosto di cercare di reinterpretare l’Occidente», cambiando continuamente punto di vista. Un vero e proprio sovvertimento dell’ordine naturale che si applica anche all’aldilà, non per nulla il percorso viene fatto al rovescio e dal Paradiso si arriva all’Inferno. Una mostra per riflettere su universalità, identità e appartenenza oltre che un’occasione unica per avere una panoramica sullo stato dell’arte africana in tutte le sue forme: fotografia, pittura, scultura…

Yinka Shonibare, How to Blow Up Two Heads at Once (Gentlemen), 2006.  Courtesy of the artist and Colecçõ Sindika Dokolo, Luanda.
Yinka Shonibare, How to Blow Up Two Heads at Once (Gentlemen), 2006. Courtesy of the artist and Colecçõ Sindika Dokolo, Luanda.

Tra le opere più interessanti, L’écriture infinie di Bili Bidjoka già presente alla Biennale di Venezia e supportata dalla fondazione no profit lettera27 (la cui missione è sostenere il diritto all’alfabetizzazione, all’istruzione e, più in generale, favorire l’accesso alla conoscenza e all’informazione). Una nuova versione pensata appositamente per la mostra che prevede un libro bianco per il Paradiso, uno rosso per il Purgatorio e uno nero per l’Inferno, in cui i visitatori sono invitati a scegliere brani della Divina Commedia di Dante e a trascriverli a mano su un “libro infinito”. Una riflessione quanto mai attuale sull’importanza della scrittura a mano e sui processi cognitivi e di autocontemplazione che essa attiva.