1951: EXCLUSIVE American actor and director Orson Welles (1915-1985), wearing a fancy hat, looks at an unidentified woman seen in profile in the foreground at Count Beistigui's Ball, Venice, Italy. (Photo by Ruth Orkin/Hulton Archive/Getty Images)

Lo sguardo cinetico: Ruth Orkin. Leggenda della fotografia a Bassano del Grappa

Fino al 23 maggio 2022, i Musei Civici di Bassano del Grappa propongono la prima retrospettiva italiana di Ruth Orkin (1921-1985), iconica figura di fotoreporter ma anche notevole cineasta. Il suo lavoro è stato recentemente al centro di una retrospettiva a New York e Toronto e di una monografia di Hatije&Cantz. Dopo Bassano (unica tappa italiana), l’antologica, realizzata assieme a DiChroma Photography, inizierà un tour europeo ed è attesa a San Sebastian (Spagna) e a Cascais (Portogallo). Figlia di Mary Ruby, attrice del muto, Ruth cresce nella Hollywood degli anni Venti e Trenta. Sogna di diventare regista per la MGM ma nel frattempo studia fotogiornalismo presso il Los Angeles City College. Da ragazzina si fa in bicicletta L.A. – N.Y. per andare a visitare il World’s Art Fir del 1939, fotografando luoghi e persone incontrate in questo iniziatico viaggio. (In apertura  Orson Welles at Count Beistigui’s Ball, Venice, 1951. Photo by Ruth Orkin).

 

David standing with a parcel, a tote bag, and a newspaper, in the locker section of Penn Station, New York City, 1948. His posture resembles that of Michelangelo’s sculpted ‘David’. (Photo by Ruth Orkin)

 

 

Fin dalle prime fotografie c’è un costante riferimento al cinema, un debito evidente. Lo illustra perfettamente Anne Morin sul catalogo della mostra: «In effetti, se analizziamo l’opera di Ruth Orkin dalle prime immagini, il fantasma del cinema appare in forme diverse. Si insinua nelle minuscole crepe del fotogramma generando un duplice sfondo nell’immagine, dove prende vita il flusso del movimento. Una scintilla, una traccia che racchiude in sé un “effetto film”, un “effetto durata”, una durata simulata come un effetto cinematografico visibile. In fin dei conti, il cinema non è forse l’arte del movimento generato da un’iniziale immobilità? Ruth Orkin ricorre costantemente a un processo di seralità e di intermittenza in cui il tempo, in un modo o nell’altro, regna sovrano ».

 

American Girl in Italy. Florence, 1951 (Photo by Ruth Orkin)

 

Nel 1943 Ruth Orkin si  trasferisce a New York dove lavora come fotografa di un nightclub,  poi aderisce alla Photo League. Negli anni Quaranta collabora a riviste come Life, Look, Laydies Home Journal divenendo di fatto una delle firme femminili più riconosciute della fotografia. Documenta inoltre il Tanglewood Music Festival – dove incontra Leonard Bernstein, Isaac Stern, Aaron Copland e molti altri. Nel ‘47 pubblica per il magazine Look la sequenza di scatti Jimmy the Storyteller, clamoroso esempio di racconto urbano venato di antropologia. Appassionata di musica e di cinema ne fotografa i protagonisti ( Lauren Bacall, Doris Day, Ava Gardner, Tennessee Williams, Marlon Brando e Alfred Hitchcock…) in ritratti ricchi di pathos e di stordente intensità. Nel 1951 è a Firenze dove incontra la studentessa d’arte Nina Lee Craig (Jinx) che diventa la protagonista di American Girl in Italy, capitolo del progetto Don’t be afraid to travel alone che racconta cosa vivevano due donne a viaggiare da sole nell’Europa del dopoguerra. In mostra si può gustare il servizio completo dedicato all’avventura di Nina inseguita dallo sguardo del maschio italiano e non solo nella leggendaria fotografia (finita su Cosmopolitan e ancora oggi uno dei poster più venduti al mondo) che ha segnato l’immaginario collettivo occidentale. Fra i suoi lavori più teorici non si possono tralasciare le serie Dall’alto dove cattura perpendicolarmente da una finestra ciò che avviene in strada,  «riprendendo alcune persone del tutto ignare di essere oggetto del suo sguardo…». Progetto che riprenderà nel 1978 con A World Outside My Window, con il quale racconta semplicemente ciò che scorre sotto le finestre di casa sua affacciata su Central Park.

 

Jinx Stopping Traffic, Florence, 1951 (Photo by Ruth Orkin)

 

In mostra c’è anche la proiezione di quella pietra angolare dell’edificio del New American Cinema che è Little Fugitive diretto da Ruth Orkin con il marito Morris Engel e Ray Ashley. I protagonisti sono due bambini di Brooklyn, Lenny, 11 anni, e il fratello Joey, 7 anni, che sono soli a casa dato che la madre è dalla nonna malata. Lenny ha dovuto rinunciare a una gita con gli amici a Coney Island e per liberarsi del fratello organizza uno scherzo feroce: gli amici danno un fucile a Joey, lo fanno sparare e gli fanno credere di avere ucciso Lenny. Il bambino scappa, prende un treno e si ritrova a Coney Island. Ci vorrà un giorno a Lenny per ritrovare il fratello,  grazie a una telefonata lo fa correre al luna park. Poi la madre rientra e ritrova i fratelli tranquilli davanti alla tv…Leone d’argento a Venezia nel 1953, candidato all’Oscar, il film è un inno alla tecnica e alla libertà linguistica del cinema sperimentale e della fotografia astratta. Geniale la contrapposizione mondo adulto/mondo infantile, con la macchina da presa ad altezza di bambino, con il montaggio che si concentra sulla percezione dell’immagine.