Marcinelle: 1956 – 2016. Lo sguardo di Giovanni Marinelli per ricostruire una narrazione

 Places, Marcinelle, 2016.
Places, Marcinelle, 2016. Giovanni Marinelli

Bag Gallery (IT) e Le Bois du Cazier (BE) hanno  promosso la mostra del fotografo italiano Giovanni Marinelli: Marcinelle: 1956 – 2016. L’Exposition. La mostra, che rimane aperta fino al 4 dicembre ed è proposta presso il polo museale Bois du Cazier, è organizzata da Zeitgeist Art Exhibit Group in occasione del sessantesimo anniversario della strage di Marcinelle (263 minatori morti, 138 italiani)  e curata da Andrea Tinterri, direttore delle BAG Gallery. Il Bois du Cazier, la miniera di Marcinelle pochi km a sud di Charleroi, è oggi luogo di vita e di incontro sullo sfondo di uno storico patrimonio industriale. Luogo del tragico incidente minerario, il sito riconvertito in museo è suddiviso in 3 diverse sezioni: lo Spazio 8 agosto 1956, in ricordo dei minatori morti nell’incidente; il Museo del Vetro; il Museo dell’Industria dedicato all’epoca della Rivoluzione Industriale.

Memories, Marcinelle, 2016.
Memories, Marcinelle, 2016. Giovanni Marinelli

Giovanni Marinelli racconta una storia iniziata nel secondo dopoguerra, una storia di immigrazione, di lavoro, di sotterranei che sembrano avvicinarsi al centro della terra, di carbone che sporca le mani e soprattutto i polmoni. L’artista ritrova reperti sia all’interno della miniera sia all’esterno, nel paese che sembra aggrappato alla piccola collina di Marcinelle. Esce dal cancello che segna il confine tra un dentro e un fuori, tra il lavoro e il riposo. Ripercorre l’architettura urbana delle zone limitrofe alla miniera per poi rientrare, varcare nuovamente la soglia d’ingresso e trovarsi di fronte a un dinosauro meccanico. Marinelli restituisce un sentimento, un’eredità che rimane attaccata alle mura delle abitazioni fatte di mattoni neri, un colore forse troppo simile al carbone per dimenticare un Novecento faticoso, forse costruttivo. Isola alcuni simboli, alcuni segni, spezza una narrazione che a sessant’anni di distanza deve essere ricostruita, ripensata, studiata con la giusta distanza storica. L’operazione del fotografo non si esaurisce nella semplice evocazione o nel semplice ricordo fine a se stesso, ma diventa uno studio comparato fra il presente e un recente passato. Un percorso complesso che inizia nel 1946 in seguito al protocollo italo-belga che prevedeva uno scambio tra carbone e manodopera. Un percorso che ha alle spalle le macerie del secondo conflitto mondiale, la necessità del Belgio di avere uomini per le proprie miniere e dell’Italia di importare materie prime ad un costo accessibile per una ricostruzione imminente.