The Black’s Tale Tour: E non vissero tutte felici e contente

«Io la notte non dormo… Sono tre anni che non dormo… Penso alle persone della mia vita». Comincia così The Black’s Tale Tour scritto, diretto e interpretato da Licia Lanera, prodotto da Fibre parallele, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 12 novembre.

Nel buio odoroso di incenso che ha accolto gli spettatori le prime parole che erompono hanno echi shakespeariani («Macbeth ha ucciso il sonno; è l’assassino del sonno innocente, il sonno che ravvia, sbroglia, dipana l’arruffata matassa degli affanni…») e proustiani («Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, non appena spenta la candela, mi si chiudevan gli occhi così subito che neppure potevo dire a me stesso: “M’addormento”. E, una mezz’ora dopo, il pensiero che dovevo ormai cercar sonno mi ridestava»).

Poi compare lei. Una dea tatuata in body di lattice con stivaloni di pelle e dalle ciocche turchine. Una fata sui generis, un’apparizione potente e inquietante che con il tradizionale incipit «C’era una volta…» si mette a narrare alcune fiabe, scritte dai fratelli Grimm e da Hans Christian Andersen. Non si tratta della versione rassicurante ed edulcorata che tutti conosciamo, ma di quella originale, spietata e crudele, che, appunto, toglie il sonno. Non a caso il titolo dello spettacolo fa riferimento al colore (black) e non alla sfumatura (dark).

C’è Cenerentola che arriva a riscattarsi dalla sua triste situazione, a scapito delle perfide sorellastre che, non solo non esitano ad amputarsi parte degli arti inferiori per diventare regine, ma a cui verranno cavati gli occhi e «punite con la cecità di tutta la vita perché erano state false e malvagie». C’è la Sirenetta «che per amore morì» dopo aver cercato di coronare il suo sogno d’amore e aver rinunciato alla sua coda di pesce e alla sua voce cristallina. E Biancaneve alla cui vita attenta in più di un’occasione l’invidiosa matrigna punita alla fine e costretta a ballare con scarpe roventi fino alla morte, proprio come la protagonista di Scarpette rosse (accessorio presente anche in La regina delle nevi), costretta a chiedere al boia di tagliarle i piedi per trovare pace.

Licia Lanera si lascia letteralmente abitare dai personaggi a cui dà voce, corpo e anima. Parla di donne disposte a tutto, che non esitano a mutilarsi per far carriera, a rinunciare alla propria natura per uomini fatui e inconsistenti, creature invidiose e perfide, sfinite dallo shopping ossessivo-compulsivo, che aspirano all’eternità, non rendendosi conto della loro caducità. Nelle note di regia afferma: «Arriva un tempo in cui le fiabe che conosci da sempre sono una scusa per dire di te» (e, tornando al titolo, The Black’s potrebbe sottolineare proprio questo aspetto, visto che corrisponde alla traduzione del suo cognome in inglese): parla di sé e di ognuna di noi e, infatti, a un certo punto canta «I’m human, nothing more than human», il brano di Sevdaliza, mentre in un altro momento, in questo gioco di rimandi e incarnazioni, diventa Lady Gaga («Baby you gave up, you gave up»). In tutto lo spettacolo la musica fa da contraltare alla potenza delle parole: ci cala in un universo onirico, in cui l’incubo prevale. Bellissimo il lavoro di sound design realizzato dal vivo da Tommaso Qzerty Danisi, così come le luci di Martin Palma. Una discesa nelle tenebre, dove il lieto fine non è previsto.

 

www.fibreparallele.com

 

Milano      Teatro Franco Parenti       fino al 12 novembre

Bari           Nuovo Teatro Abeliano       12-17 dicembre