Andrew Garfield: Desmond è un guerriero che ha sostituito il fucile con la fede

In La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson, Andrew Garfield è Desmond Doss, il primo obiettore di coscienza a ricevere la medaglia d’onore del Congresso, la più alta onorificenza militare americana: durante la battaglia di Okinawa salvò oltre 75 commilitoni feriti. Si era arruolato come medico ed era andato in prima linea senza rinunciare alla sua fede che gli impediva di usare le armi: non sparò mai un colpo. Andrew Garfield per la sua performance ha ottenuto la sua prima nomination all’Oscar come Miglior attore protagonista.

 

Il vero Desmond Doss viene premiato dal presidente Truman

 

Io e Desmond

Non conoscevo la vicenda di  Desmond Doss. L’ho scoperta leggendo la sceneggiatura e mi sono regalato tre mesi di full immersion nella sua vita. Ho visitato la sua città natale e quella dove è morto, ho camminato nelle sue case. Ho passeggiato dove passeggiava lui. Ho letto tutto i libri e gli articoli su di lui. Faccio questo lavoro anche perché mi piace immedesimarmi nella vita degli altri. E adoro il lavoro pre set: mi fa sentire a metà tra lo storico e il ricercatore.

 

Un eroe senza fucile

Era un avventista del settimo giorno. Viveva in Virginia, si arruolò come volontario, ma non per combattere: come medico “non combattente”. Era magro, vegetariano, a Okinawa rifiutò di ritirarsi, come era stato ordinato: restò indietro e trascinò fino al campo, salendo e scendendo la scogliera, oltre 75 soldati feriti. Invece del fucile usò la sua fede, a cui fece solo un’eccezione: continuò a lavorare, salvando vite, anche il sabato, giorno del riposo. Desmond che non aveva né il fisico, né il carattere dell’eroe: era così umile che, dopo la medaglia, è tornato a casa, alla sua vita qualunque, senza mai rilasciare un’intervista. Nel film si tiene tutto dentro, non si rivelamai: ho lavorato sulla sua voce interiore, quella che gli diceva di fare ciò in cui credeva senza dare retta agli altri. E durante l’addestramento, come una volta arrivato sul campo di battaglia, ha dovuto subire delle umiliazioni pazzesche, prima di tutto dai suoi commilitoni. Lui trattava i giapponesi con la stessa attenzione che riservava ai suoi, li soccorreva. Aveva questa visione molto moderna: siamo tutti uguali, tutti hanno diritto di essere capiti, siamo un’unica razza umana.

 

 

Nel centro della battaglia

Al di là della fatica fisica, mi sono sentito davvero dentro l’orrore e l’epica della guerra. È una contraddizione, lo so: ma è questo che racconta Mel Gibson. Lui ha una visione delle scene di battaglia pazzesca: prima di tutto è una grande narratore per immagini, e sa come alternare la “grandiosità” con l’orrore. Quando mi sono rivisto, ho pensato a Braveheart, ma anche a Gallipoli e a Salvate il soldato Ryan. C’è la stessa intensità della guerra, la sua visceralità, la sua bestialità… Ci sono scene d’azione pazzesche, ma alla fine a “uscirne” protagonista è sempre Desmond con la sua forza interiore, la sua anima, la sua spiritualità. La grandezza di Mel Gibson è aver fatto un film di guerra che parla della spiritualità e della fede di un uomo magro, timido. Vegetariano.

 

Io e Mel

Mel sa cosa vuole e come ottenerlo: è come Desmond, non scende a compromessi con se stesso. Ci siamo conosciuti prima del film: abbiamo mangiato, chiacchierato, mi ha fatto sentire che la nostra non era solo una relazione tra regista e attore, ma qualcosa di più profondo. È la persona più leale che ho mai conosciuto: se qualcosa non va, sul set, è sempre “colpa” sua, mai tua. È un vero generale, controlla tutti i suoi uomini, sa cosa chiedere e a chi per ottenere il meglio, ma sa anche che se non lascia qualche momento di distrazione, di “cazzeggio”, non l’avrà mai.  Un set di uomini in divisa è una polveriera: ogni tanto ci vuole la ricreazione, come a scuola. Vince Vaughn poi è divertentissimo: dopo una scena di battaglia, violentissima, mi ha chiesto “Ma tu ti radi anche il petto? E lo fai con lo stesso rasoio con cui ti fai la barba?”. Sono scoppiato a ridere, non riuscivo più a smettere.