Buon compleanno, sir Paul!

Buon compleanno, leggenda! Compie oggi ottant’anni Paul McCartney, bassista e voce dei Beatles, nonché autore della quasi totalità dei pezzi dei Fab Four insieme all’amico-rivale John Lennon. Tutto è stato detto e scritto su di lui, al punto che la docu-serie McCartney 3,2,1 – uscita su Dysney + l’estate scorsa e nella quale si è messo a nudo dialogando con Rick Rubin – non ha aggiunto granché a quanto appreso durante decenni. La sua vita e la sua carriera erano peraltro già state sviscerate ampiamente in quello scrigno di aneddoti e rimembranze che è The Lyrics. Parole e ricordi dal 1956 a oggi, monografia pubblicata in Italia da Rizzoli in due volumi nel novembre 2021, e curata personalmente dall’ex Beatles insieme al poeta nordirlandese Paul Muldoon. Macca presentò il lavoro come il modo giusto per entrare in sintonia con il suo mondo, sostenendo: “Alcune persone, quando arrivano a una certa età, ricorrono a un diario per ricordare giorno per giorno il loro passato, ma io non ho taccuini di tale genere. Quel che ho, sono le mie canzoni, centinaia, che però svolgono la stessa funzione”.

 

 

Abbiamo chiesto a Franco Zanetti, direttore editoriale di Rockol.it e tra i massimi esperti nazionali di Beatles – che quel libro ha tradotto dall’inglese insieme a un altro specialista come Luca Perasi – di spiegarci il ruolo di Paul McCartney nella storia dell’iconica band di Liverpool. Ci ha risposto: “McCartney è stato ovviamente fondamentale nell’economia del gruppo, anche perché ne è stato il collante. Altrimenti i Beatles non sarebbero forse nemmeno nati e comunque non sarebbero durati: lui e Lennon avrebbero fatto benissimo i solisti, George Harrison il chitarrista in qualche band, Ringo probabilmente il session man. Ma il suo contributo è stato ancor più determinante, nel bene e nel male, dopo la morte nel 1967 di Brian Epstein (il manager dei Beatles, ndr)”. Zanetti ha poi proseguito: “Per capire meglio quello che è uno dei più importanti musicisti del ‘900 e certe uscite magari non troppo eleganti fatte nel corso degli anni (relative ai contributi propri e quelli di Lennon nella realizzazione di canzoni firmate da entrambi), bisogna mettere a fuoco la sofferenza emotiva di chi a un certo punto si è trovato alle prese con un compagno di strada che, morendo, si è trasferito definitivamente nella dimensione della leggenda, osannato come santo o come eroe. E non ha più potuto competere…Si spiega così pure l’atteggiamento che ha portato Paul a voler apparire uomo migliore di come forse è…Ma resta un artista straordinario: grande autore, grande bassista. E poi, a 80 anni, chi ha mantenuto una qualità vocale come la sua? Giusto crooner come Frank Sinatra o Tony Bennet, oppure Mick Jagger (di un pelo più giovane), che però facevano o fanno cose diverse, per certi versi meno impegnative”.

 

 

Attualmente McCartney è in tournée negli Stati Uniti, ma rientrerà presto in Europa, considerato che il 25 giugno è atteso sul palco di Glastonbury, il più celebre festival musicale del Vecchio Continente; e viene dato in forma smagliante da chi ha avuto modo di assistere recentemente ai suoi show. Ci conferma la cosa Adolfo Galli – il promoter che ha organizzato con la sua DeG tutti i live italiani del baronetto a partire dal 1989 – con un riferimento indiretto e uno diretto: “Mia figlia era in America per lavoro e in principio di maggio ha assistito al live di Seattle. È rimasta a bocca aperta, sia per la performance in sé, tiratissima, che per la durata di due ore e mezza. Poiché Natascia ha termini di paragone precedenti, ne deduco che Macca non ha davvero perso un colpo. D’altronde, io stesso ho visto alcune registrazioni, e ne ho ricavato la medesima impressione”. Galli peraltro aggiunge: “Non che il dato mi stupisca. McCartney è un perfezionista, che affronta il palco con grande preparazione e conseguente efficacia. Inoltre cura tantissimo la salute della voce, con un “vocal coach” che suggerisce gli esercizi e i trattamenti naturali che possano attenuare le conseguenze dello stress a cui è sottoposta durante i lunghi tour. Nell’economia dei quali ci possono pure stare momenti di flessione, che i detrattori non mancano di sottolineare; con Paul, tuttavia, gli standard sono sempre altissimi. L’ultimo concerto a cui ho assistito personalmente – prosegue l’organizzatore bresciano – è stato a Cracovia appena prima della pandemia, e posso garantire che canta i pezzi di Beatles e Wings con le stesse tonalità originarie, con una voce di immutata limpidezza”. Infine precisa: “Dimentichiamo le performance casalinghe che hanno circolato durante la pandemia: quelle servivano per mantenersi in connessione con i fan e non vanno assolutamente valutate sotto il profilo tecnico. Dopo una sosta, anche artisti ben più giovani hanno avuto bisogno di lunghi rodaggi prima di smaltire la ruggine, e in parecchi casi se la trascinano tuttora. A lui è bastato poco per ritrovare smalto”.

 

 

Non sappiamo se, dopo che è saltato a causa dell’emergenza sanitaria il concerto previsto a Lucca nel 2020, vedremo nuovamente McCartney in Italia. Noi ci facciamo comunque raccontare da Galli come nacque il legame ultratrentennale che lo ha condotto a organizzare, insieme al socio Mimmo D’Alessandro, una dozzina di appuntamenti targati PMcC in diverse location nazionali (Milano, Roma, Bologna, Firenze, Verona): “È stato merito del grande Barrie Marshall – ci confida ancora Galli – con cui collaboravo fin dal 1985, per la Mahavisnu Orchestra di John McLaughlin. Il rapporto si consolidò con altri artisti che egli seguiva, penso in particolare a Whitney Houston e George Michael, sempre con risultati soddisfacenti. Ma rimasi egualmente stupito quando nel 1989 mi chiamò e, dopo avermi reso noto che avrebbe seguito il tour di Macca, mi disse “Tu sarai il mio uomo per l’Italia”. È andata proprio così: non ho nemmeno fatto un’offerta (come di regola avviene in queste occasioni, ndr), sono stato letteralmente cooptato da Barrie, che ha visto in me potenzialità che io nemmeno immaginavo…Ciononostante, finché non è uscito il comunicato stampa che certificava le date italiane, non riuscivo a crederci fino in fondo. Facemmo due live a Milano, al Palatrussardi, e due al PalaEur di Roma, nell’ottobre di quell’anno: un’esperienza inattesa, resa ancora più straordinaria dal fatto che McCartney non tornava in Italia dal concerto veneziano con i Wings, nel 1976. Da allora ogni volta che ha scelto di venire, siamo stati i suoi referenti: è molto esigente, ma lavorare con lui è un’esperienza che ripaga di ogni sforzo”.