Todd Haynes: i Velvet Underground sono pura avanguardia…

Oltre 600 ore di immagini di repertorio, tra le  7000 e le 8000 foto da visionare. Un lavoro che ha richiesto molto tempo ed è stata anche una grande sfida, come dice la produttrice Christine Vachon, perché si tratta di «qualcosa che Todd Haynes non aveva mai fatto». Il risultato è The Velvet Underground sulla band di Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison, Maureen “Moe” Tucker, Nico che, segnata dall’incontro con Andy Warhol, ha rivoluzionato la scena rock e la vita culturale newyorchese a partire da metà degli anni Sessanta. Il documentario, presentato fuori concorso alla 74 edizione del Festival di Cannes,  è disponibile su Apple TV+. Todd Haynes, grande appassionato di musica come testimoniano i suoi Velvet Goldmine e Io non sono qui. ha confessato in conferenza stampa di avere costruito un concentrato di storia e cultura di quei magici anni. Ecco il suo punto di vista.

 

La band e la cultura newyorkese
Tutto è legato a una serie di eventi successi quando Laurie Anderson era partner di Lou Reed: dopo la sua morte decise di rendere disponibili i suoi documenti personali dandoli alla New York Public Library, Laurie manteneva il controllo sulla pubblicazione delle sue canzoni, insieme alla Universal. A un certo punto si è iniziato a discutere della possibilità di usare i documenti come materiale per un documentario. Quando sono venuti da me per chiedermi se ero interessato, non ho esitato un attimo. È il mio primo documentario, ma non ho avuto dubbi di incontrare questa storia anche per quello che ha rappresentato nella mia vita da un punto di vista musicale e come momento culturale. Era un’occasione per abbracciare anche la vita culturale della New York dell’epoca.

 

Un lungo percorso
La più grande sfida era organizzare il tutto. Ci volevano abbastanza tempo, abbastanza soldi, il percorso era molto lungo. A New York abbiamo iniziato ad abbordare le immagini di repertorio, ma mi sono dovuto staccare da Adam (Kurnitz, montatore del documentario con Affonso Gonçalves, ndr) per chiudere Dark Waters, poi nel 2020, quando il film è uscito, ci siamo ritrovati per consacrare tutto il nostro tempo a questo progetto ed era l’inizio della pandemia che ci ha bloccato in questa esperienza straordinaria. Abbiamo lavorato molto insieme su Zoom, guardavamo le immagini, ne parlavamo…

 

 

 

Lo scambio tra artisti
Ci troviamo di fronte a un gruppo fuori dal comune per come ha lavorato nella promozione, nei concerti… è pura avanguardia, come nessuno prima di loro aveva fatto. Il modo in cui la creazione artistica passa dalla musica al film al concerto agli happening è quello che abbiamo cercato di riproporre trovando un equilibrio tra tutti i diversi aspetti. Presentare queste incredibili immagini d’archivio per noi è diventato non un ostacolo ma una straordinaria opportunità, abbiamo lavorato sulla base di tutto ciò che riguardava Warhol. Sentivo che era importante presentare questi artisti che all’epoca a New York erano molto numerosi e avevano molti scambi tra di loro, partecipavano allo stesso movimento artistico. Ci sono opere fantastiche sul piano musicale, ma tutti questi artisti si conoscevano, si scambiavano idee, superavano le convenzioni, è lo spirito della cultura dell’epoca ed è quello che abbiamo voluto mettere nel nostro film.

 

I luoghi e l’epoca
Penso che la questione fondamentale sia sapere come realizzare un film sulla musica, cosa c’è di visivo in questa musica, come possiamo stabilire un legame tra ciò che sentiamo quando ascoltiamo la musica e ciò che sentiamo quando vediamo il film. Per me la risposta è stata sempre di parlare con le persone che erano lì all’epoca perché ce ne sono tante che hanno vissuto quegli anni e sono state ispirate da quella musica. Volevo mettere l’accento sui luoghi e sull’epoca, volevo che il film trattasse di musica e immagini e la mia speranza era mettere la musica nel contesto della realizzazione in questa storia particolare, non imporre delle idee, ma permettere di vivere un’esperienza cinematografica che restituisca la musica in modo genuino, per sentire quello che le persone sentivano all’epoca quando la musica veniva ascoltata.

 

 

 

Un viaggio nel tempo
Ci sono persone ancora in vita che sono i personaggi centrali di questa storia e persone che non ci sono più, ma volevamo rimanere fedeli agli uni e agli altri, non volevamo riproporre unicamente il lavoro sugli archivi, bisognava che la presenza di Lou Reed fosse fondamentale, così come quella di John Cale e degli altri membri del gruppo. Tutti noi abbiamo visto gli screen test dei Velvet Underground con la luce meravigliosa, hanno tutti l’aria molto sexy, ma personalmente non avevo mai visto, prima di fare il film, un intero screen test dall’inizio alla fine, una bobina originale. È incredibile, si ha l’impressione che la persona sia qui, che respiri, ci sono ammiccamenti a cose che si cerca di trovare nell’inquadratura, c’è la sensazione che davvero abbiamo fatto un viaggio nel tempo e ci troviamo nell’epoca con una metà di ombra e una metà di luce sul loro viso. Per questo li abbiamo usati per mostrare l’evoluzione dei personaggi. Abbiamo cercato di trovare soluzioni per far sentire la loro presenza e ripensato a tutto questo tenendo una distanza affinché ciò che presentiamo sia quanto più autentico possibile.