Così parlò l’immensa Franca Valeri

Oggi Franca Valeri compie 100 anni. Quest’anno è stata insignita del David speciale alla carriera in quanto “icona dello spettacolo e della cultura italiana” e in occasione del compleanno la figlia Stefania Bonfadelli ha riportato in scena La vedova Socrate, ultimo monologo scritto dalla Valeri che lo interpretò tra il 2003 e il 2005, affidandolo a Lella Costa. Sempre per l’occasione è stato pubblicato per Tartaruga Edizioni il volume Franca Valeri. Tutte le commedie che raccoglie alcuni dei 12 testi finora inediti ed è corredato da numerosi celebri sketches che la hanno resa celebre. Al cinema ha lavorato con i più grandi registi italiani: Fellini, Lattuada, De Sica, Steno, Monicelli, Risi, Comencini, Mastrocinque, Bolognini, Emmer, Camerini, per citarne solo alcuni. Magico il sodalizio con Alberto Sordi, strepitosa in Il vedovo dove si inventò durante una scena il soprannome Cretinetti per Albertone; geniale nei panni della snob milanese in Totò a colori. Abbiamo pensato che il modo migliore per festeggiarla fosse attraverso le sue parole.

 

 

 

«Mi sono salvata, come attrice comica, non servendomi mai dell’attualità; orridi fantocci, mai un mio personaggio ha pronunciato il vostro nome».

«Io vorrei ricordare l’ultima volta che ho fatto l’amore. La prima sì, la ricordo, ma non ha importanza».

«Come dirglielo, a quel ragazzo ventenne, che ci è bastato essere molto sicuri delle nostre idee per entrare in quelle degli altri?” A poco a poco, veniamo catturati e scossi…».

«Io sono molto benvoluta e mi chiedo il perché, mi chiedo se me lo merito. Poi, riflettendo, qualcosa ho fatto. Ho molto taciuto. Non è poco».

da La vacanza dei superstiti (e la chiamano vecchiaia), Einaudi, 2016

 

 

«Io ho molti amici fra i giovani, non so nemmeno bene perché, sono forse un pezzo di storia del teatro? A sentirli parlare direi di sì, ma poi mi chiedono di dare dei consigli, e questo proprio non lo so fare. La mia tenace sfiducia nell’insegnamento mi ha però fatto diventare un pezzo unico, il che da una parte è consolante, dall’altra è negativo».

«Non tutte le noie sono uguali: c’è quella in cui si sbadiglia aspettando la fine del giorno senza scopo e c’è, invece, quella più insopportabile in cui è lo scopo che si rivela noioso. La noia è un sentimento eroico, se ti afferra sulla tomba di un eroe o se lo vivi dietro un vetro in attesa di un amante ritardatario».

da Il secolo della noia, Einaudi, 2019

 

 

 

«Perché non scrive della sua vita?»
«Perché la conosco».
«Ma gli altri no, solo giornalisticamente».
«Allora dovrei farla diventare addirittura una storia. Francamente trovare idee per la mia vita mi sembrerebbe troppo, avendola anche vissuta».

«A vent’anni era affondare il fascismo, a trenta avere in pugno il teatro, a quaranta tutto, a cinquanta occhiali e quasi tutto, e… eccomi».

«Mi ribello all’affermazione corrente che sia un dono di natura. La comicità è un lavoro di cervello»

da Bugiarda no, reticente, Einaudi, 2010

 

 

 

 

«Sono convinta che il teatro sia il modo più importante che sia stato offerto a chi crede di avere qualcosa da dire».

«Se c’è una cosa che mi dà enormemente fastidio è il piagnisteo dei vecchi. Lasciamo le lacrime ai giovani. Loro hanno diritto di piangere con quello che gli sta capitando. Noi no».

«Ho avuto una carriera quasi sempre solitaria, fatta più di monologhi che di incontri. Quanto al privato, la mia vita mi ha riservato il destino di essere lasciata sola. Soprattutto affettivamente. Quando perdi i genitori, gli uomini che hai amato, gli amici che non ci sono più, la solitudine diventa una condizione imprescindibile. Però non ho mai avuto la sensazione di essere abbandonata».

intervista di Antonio Gnoli, La Repubblica, 24 settembre 2017

 

«Questa vita facilitata al massimo non è stimolante, era nobile affrontare difficoltà, perché la testa degli uomini lavorava di più. E, qualche volta, pure quella delle donne. Non sempre: erano più occupate nei loro compiti, nella maternità, nelle fatiche della casa. Io ho preferito mettere davanti a tutto il mio lavoro. Che non è un lavoro comune».

intervista di Laura Giovagnini, Io donna, 3 ottobre 2019