John Le Carré e il piacere dell’omissione

Le Carré scrive 27 romanzi dal 1961 al 2019. Con risultati eccelsi dal 1964 (La spia che venne dal freddo) al 1980 (Tutti gli uomini di Smiley), il romanzo che chiude la fenomenale Trilogia di Karla (gli altri due sono capolavori: La talpa e L’onorevole scolaro). Le Carré deve la sua propensione allo spionaggio al padre, personaggio odioso e affascinante, che viveva alle spalle dei suoi, che lo ha spinto ad arruolarsi nei servizi segreti. Negli anni duemila lo scrittore porta alle estreme conseguenze l’area del mistero. La espande, la complica, con la portata delle minacce all’ordine (costituito) che vengono ingigantite, cospirazioni inimmaginabili, con i rischi che si estremizzano. Su questo orizzonte la figura del protagonista può assumere aspetti antitetici, perde ogni carisma, si riduce al rango impiegatizio: un burocrate malinconico e ingrigito, coinvolto in vicende troppo più grandi lui, che si impegna per assolvere i suoi compiti con una forza che gli viene dalla stanchezza, oppure un tizio qualunque coinvolto suo malgrado (si pensi solo a Il nostro traditore tipo Il giardiniere tenace). Spesso chi combatte il nemico non solo è perfettamente cosciente di difendere una causa dubbia ma, per di più, si aspetta regolarmente di essere tradito o pugnalato alle spalle dai suoi mandanti. Con il risultato che può capitare che il protagonista scivoli verso i panni del ribelle, piuttosto che ritrovarsi in quelli del difensore dell’ordine. Nei suoi migliori romanzi Le Carré è di una asciutezza molto inglese e molto invidiabile. Anzi, nelle reticenze dà il meglio di sé. Si può dire che tutta la sua narrativa , come implica il contenuto che la sostiene, non può che essere fondata sull’omissione: Le Carré, nei confronti di questa necessità strutturale, si comporta non come chi la subisce ma come chi lo sa e la impugna e ne fa una bandiera, un fatto di stile.Anche se, il suo di più, non è nello stile ma nel contenuto. Ciò che Le Carré ha dato alla narrativa contemporanea è un contenuto forte, fatale: la spia come personaggio del nostro tempo, un po’ come altri scrittori hanno dato, in quanto personaggi-architrave, un operaio, un borghese. Questa spia, poi, a guardare bene non è soltanto un individuo diverso dagli altri, o un magnete segreto di tutte le pulsioni da cui è costituita la vita del cittadino medio occidentale. Soprattutto ha una precisa funzione narrativa. Che cos’è una spia, o cosa può comportare se non silenzio (appunto), travestimento, il far perdere le tracce di ogni identità. Ed ecco allora che Le Carré realizza genialmente a livello popolare, cioè andando dai contenuti verso le strutture (e non viceversa), ciò che hanno progettato i romanzieri colti degli anni Sessanta: distruggere la verosimiglianza, la credibilità del racconto, e minimizzare il peso della realtà.