Le storie surreali e la malinconica comicità di Francesco Nuti

«La mortadella è comunista, il salame socialista, il prosciutto democristiano, la coppa liberale, le salsicce repubblicane, il prosciutto cotto fascista».
«E i radicali?».
«La finocchiona».
Da Caruso Pascoski (di padre polacco) (1988)

 

Proprio a poche ore dalla «scomparsa di un’epoca» (cit. che sta rimbalzando sui profili social da ieri mattina), di una narrazione destinata alla sua fine, quella di Silvio Berlusconi, Francesco Nuti si è spento all’età di 68 anni presso una clinica romana. Ad assisterlo, da quando ha compiuto la maggiore età, l’unica figlia, Ginevra. Il dispiacere per la sua perdita è grande e commosso. Al di là di una filmografia non così corposa a livello quantitativo, ma rimasta ben salda nella nostra memoria collettiva: dagli inizi comici con Athina Cenci e Alessandro Benvenuti (Ad ovest di Paperino) ai titoli da “solista” (tra cui i fondamentali degli inizi con la firma di Maurizio Ponzi) che hanno inciso tic, smorfie, battute dei suoi personaggi alla Francesco Piccioli («il Toscano»), alla Caruso Pascoski, alla Willy Signori; pratesi o fiorentini, spiantati o alto borghesi, spesso circondati da bellissimi volti femminili (Giuliana De Sio, Ornella Muti, Clarissa Burt, Carole Bouquet, Isabella Ferrari, Sabrina Ferilli, Francesca Neri). Gli incassi e il riscontro di pubblico sono spesso stati riconoscenti verso le sue storie talvolta surreali, feroci, velate di malinconica comicità. Poi, a partire da OcchioPinocchio qualcosa s’inceppò: costi produttivi importanti e sforati, discussioni finite in cause legali con Cecchi Gori (all’epoca a capo della Penta Film in società con Berlusconi, coincidenza beffarda). Poi grossi ritardi legati alla distribuzione e un’accoglienza glaciale da parte della critica e, soprattutto, del pubblico.

 

 

Madonna che silenzio c’è stasera (1982)

 

Inizia, così, un lento declino in cui realizza altri titoli ma senza i fasti degli inizi (tra cui Il signor Quindicipalle e Io amo Andrea). Arriva la depressione e anche altro, fino all’incidente del 3 settembre 2006 quando, dopo una rovinosa caduta dalle scale di casa, entra in coma. Si riprenderà, non senza strascichi permanenti (neurologici) ma pure morali: ad esempio, quando fu ospite in collegamento della tivù del dolore dursiana (altra beffarda coincidenza) in cui venne mostrato il suo stato straziante, facendo ribollire la bile dell’opinione pubblica. Poi, nel 2016, una seconda caduta aggrava ulteriormente il suo quadro clinico. Da Firenze viene trasferito a Roma con accanto sempre la figlia Ginevra, fino a oggi. No, non si meritava di nuovo quest’ombra ingombrante sopra la sua figura; no, non si meritava tutto questo proprio oggi. E, invece, madonna che silenzio c’è stasera.

 

Io, Chiara e lo Scuro di Maurizio Ponzi (1983)