Letizia Battaglia se n’è andata. Era una intellettuale controcorrente, ma anche una fotografa poetica e politica, una donna che si è interessata di tutto ciò che la circondava e di quello che, lontano da lei, la incuriosiva. Come ha avuto modo di ricordare lei stessa: “La fotografia l’ho vissuta come documento, come interpretazione e come altro ancora […]. L’ho vissuta come salvezza e come verità”. “Io sono una persona – afferma ancora Letizia Battaglia, non sono una fotografa. Sono una persona che fotografa. La fotografia è una parte di me, ma non è la parte assoluta, anche se mi prende tantissimo tempo”. Letizia Battaglia si è interrogata su tutto ciò che cadeva sotto al suo sguardo, fosse un omicidio o un bambino, uno scorcio o un raduno, una persona oppure un cielo. Guardare è stata la sua attività principale, che si è ‘materializzata’ in straordinarie immagini. Conosciuta soprattutto per aver documentato con le sue fotografie quello che la mafia ha rappresentato per la sua città, dagli omicidi ai lutti, dagli intrighi politici alla lotta che s’identificava con le figure di Falcone e Borsellino, nel corso della sua carriera Letizia Battaglia ha raccontato anche la vita dei poveri e le rivolte delle piazze, tenendo sempre la città come spazio privilegiato per l’osservazione della realtà, oltre che del suo paesaggio urbano. (In apertura Letizia Battaglia – Palermo vicino la chiesa di Santa Chiara. Il gioco dei killer, 1982).
Letizia Battaglia ha imparato la tecnica direttamente ‘in strada’, e le sue immagini si distinguono da subito per il tentativo di catturare una potente emozione e quasi sempre un sentimento di ‘pietas’. I soggetti, scelti non affatto casualmente, hanno tracciato un percorso finalizzato a rafforzare le proprie ideologie e convinzioni in merito alla società, all’impegno politico, alle realtà emarginate, alla violenza provocata dalle guerre di potere, all’emancipazione della donna. Il suo percorso l’ha portata a fare una profonda e continua critica sociale, evitando i luoghi comuni e mettendo in discussione i presupposti visivi della cultura contemporanea.