Marion Cotillard: il personaggio deve prendere vita e abbandonare la sceneggiatura

In Angel Face di Vanessa Filho, Marion Cotillard è bionda. Biondo gradazione sciampista di provincia. Viene da dire. È una madre disperata che conosce solo la disperazione e finisce col mettersi nei guai. Pronta a sacrificare la figlia di 8 anni per le attenzioni di uno sconosciuto. Nel film Marion Cotillard è bellissima. Modello biondo Barbie della Costa Azzurra. E maledetta. Come solo le femmes riescono a essere. Bellissime e auto-distruttive. Indipendenti e dipendenti dai maschi. Eros addicted esattamente quanto sono seduttrici. Innamorate delle figlie e capaci di camminare sul bordo dell’orrore. E caderci dentro. Abbiamo intervistato Marion Cotillard all’ultimo festival di Cannes.

 

Il film come incontro

Ogni film è un incontro, ha una sua storia. In questo caso ero in un periodo in cui non volevo leggere sceneggiature. Poi il mio agente mi ha passato questa. Scritta in modo sublime, semplice, potente. Ho chiesto se potevo incontrare Vanessa. La immaginavo come un angelo poetico perseguitato dal suo terribile e splendido soggetto. Il film brillava già nei suoi occhi. È questo che cerco in un regista. Sembra inconcepibile, eppure io credo che certi tumulti della vita possono spingere una donna ad abbandonare suo figlio. La maternità ti provoca degli scossoni terribili, la tua vita viene completamente sconvolta. La libertà assume un significato diverso. Le responsabilità sono enormi. Posso capire che una donna senta il bisogno di scappare. Ma poi devi tornare. Non puoi non farlo. Lei crede che la figlia, a 8 anni, sia abbastanza grande da potersela cavare da sola. Ma questo è impossibile. Da bambina hai bisogno di guida e d’amore, vuoi essere coccolata e vuoi qualcuno che ti dica che è ora di andare a dormire. Marlène ama Elli, ma nel suo strano modo…

 

Il personaggio e la mia infanzia

Un personaggio è sempre il risultato della sua infanzia e anche un po’ della mia. Parto sempre da qui. Mi piace pensare che così prenda vita ed esca dalla carta della sceneggiatura. Nella mia testa, Marlène si comporta così perché ripete uno schema: le donne con cui è cresciuta si erano comportate così con lei, nella sua infanzia. Io non sono mai stata ‘abbandonata’, ma ho attraversato momenti in cui mi sono sentita una bambina sola… Marlène è un personaggio inventato da Vanessa e da me.

Meritarsi l’amore

Si tratta di una donna immatura. Una di quelle donne che pensano di non meritarsi l’amore che gli altri hanno per loro. È un atteggiamento classico. Di quelle che buttano via le relazioni con uomini meravigliosi. Lo fanno più o meno coscentemente. Ma lo fanno. Come se una forza incredibile dentro di loro dicesse che non si meritano la felicità. Così non puoi giudicare Marlène: il suo comportamento dipende da come si è sentita trattata da bambina. La scena in cui lascia la figlia in macchina urlante, con la bambina che la supplica dicendole che ha bisogno di lei, è terribile e vera. Marlène non capisce come gli altri possono avere bisogno di lei. È la logica dell’abbandono. Infatti si rifugia nel mondo dei reality tv, dove non deve pensare. Ho guardato questi programmi per prepararmi. Mi hanno fatto solo male. È pura oscenità. Creano piaceri malsani. Quelli che ho passato al mio personaggio. In generale mi ispiro sempre a persone vere. In questo caso ho pensato a tre ragazze che conosco e a due di cui mi hanno raccontato.

 

Ayline, una bambina straordinaria

Ayline è davvero una gemma rara. Ma sapevo che Vanessa avrebbe trovato una piccola meraviglia. Lei aveva già chiaro in testa come voleva che fossi io e chi voleva mettermi accanto. A 8 anni, Ayline ha fatto il miracolo di essere potente e naturale insieme. Quando abbiamo fatto il primo provino insieme ho letto un’intensità, nei suoi occhi, da brivido. Mi ha impressionata. Sentivo che ‘voleva’ quella parte. E ha un’anima da artista. Vanessa Filho è una regista esordiente ed è stata una guida fantastica. È un mix di gentilezza e determinazione. Con Ayline è stata magica: prima del ciak, sembravano l’allenatore e il pugile, quando si guardano negli occhi a bordo ring e si danno la carica…