Natalie Portman e Lily-Rose Depp: ecco il nostro Planetarium

In Planetarium di Rebecca Zlotowski, Natalie Portman è Laura Barlow. Lily-Rose Depp è Kate, la sorella minore. Siamo a Parigi, negli Anni 30. La prima parla coi morti e, grazie a questo suo sesto senso, garantisce vitto e alloggio a se stessa e a Kate: sfruttando la passione continentale per lo spiritismo, le due americane passano da un palcoscenico/salotto europeo all’altro. Sono così ipnotiche che un produttore ricco/visionario/controverso prima partecipa a una loro seduta spiritica, poi propone loro un film di fantasmi. Le due attrici hanno accompagnato il film all’ultimo festival di Venezia. Le abbiamo incontrate.

 

Alla scoperta dello spiritismo

Natalie Portman: Francamente non sapevo molto dello spiritismo. Ma sono curiosissima. Più le cose sono misteriose e più mi attraggono. Rebecca, la regista, ci ha subito raccontato delle sorelle Fox: loro erano tre e per di più vissero a fine Ottocento, ma esattamente come noi nel film erano delle americane che furono capaci di conquistare l’Europa , dopo gli USA. Erano tre medium che trasformarono lo spiritismo in spettacolo: dai palcoscenici ai salotti, avevano adepti di tutti i generi, scienziati compresi.

Lily-Rose Depp: La regista era affascinata da un episodio della loro vita: quando una delle tre fu ingaggiata da un ricco banchiere per interpretare per lui la moglie morta. Siccome negli Anni 30 il cinema era nel suo periodo d’oro, in Planetarium c’è un prodottore che ci assolda per un film di fantasmi.

 

Il destino del produttore

L.-R. D.: Il modello è un produttore realmente esistito, con una storia personale tremenda: Bernard Natan. È una storia che da sola meriterebbe un film. Era ebreo, famossimo nella Parigi tra le due guerre, ricchissimo. I suoi film erano adorati dal pubblico. Ma quando arrivarono i nazisti, prima fu vittima di una campagna razzista che lo costrinse a lasciare il lavoro, lui che era uno dei “padroni” del cinema francese, poi fu consegnato ai tedeschi e non tornò mai più da Auschwitz. Il bello di Planetarium è che lo puoi guardare come un film in costume, una storia famigliare, un thriller magico, una storia semi vera…

N. P. : Adoro questo lavoro per tutto quello che mi fa scoprire. Rebecca Zlotowski ha studiato nella scuola che un tempo era lo studio di Natan: non c’è neppure una targa che lo ricordi, ci ha detto. Incredibile fino a dove possono arrivare gli uomini. E come la vita possa far incrociare gli estremi: in questo caso la vitalità creativa e affaristica di un profugo rumeno che conquista il cinema francese e la negazione dell’umanità da parte dei nazisti di ogni nazionalità. Torna sempre lo ieri e l’oggi. L’altro ieri e domani. Nella Francia della Seconda Guerra Mondiale e in Israele, come racconta il romanzo di Amos Oz da cui ho tratto A Tale of Life and Darkness (in italiano Sognare è vivere, in uscita il primo giugno, ndr) che ho voluto dirigere, interpretare e girare proprio in Israele, dove sono nata. Il cinema e i libri servono a questo: a raccontare l’uomo in ogni suo aspetto, in quello che può fare di bellissimo e di terribile.

 

Come siamo arrivate nel film

N. P. : Conoscevo Rebecca da 10 anni, ci avevano presentato degli amici comuni. Aveva diretto Belle epine, che mi era piaciuto molto. Senza dircelo, avevamo stretto un patto: quando avrai la storia giusta, chiamami e io ci starò. Quando mi è arrivata la sceneggiatura, sapevo da subito che avrei fatto il film: infatti ho firmato prima di finire di leggerla. Ho mandato a Rebecca una fotografia di Lily-Rose, ha un viso bellissimo e la regista cercava qualcuno che fosse credibile quando è in trance. Lei ha uno sguardo pazzesco, fateci caso. Ha solo 18 anni, ma sul set era estremamente matura… E poi in tantissimi dicono che ci somigliamo. Come sorelle potevamo essere credibili, insomma.

L.-R. D. : Il fatto è che Rebecca anche nell’altro film ha diretto adolescenti ed è bravissima a “guidarti”: ti fa recitare, ma nello stesso tempo sa come ottenere la naturalezza assoluta. Ci siamo incontrate a Los Angeles, in un caffè sul mare: abbiamo parlato di tutto, in inglese e in francese, più che fare un vero e proprio provino. Mi disse una cosa bellissima: “Sembri un’attrice del cinema muto“. Sono cresciuta con tutto il cinema del mondo e della storia. Cinema e musica e letteratura. E di questo ringrazio i miei genitori. Quando Rebecca me l’ha nominata, sapevo chi era Lilian Gish…

Noi e i personaggi

L.-R. D. : Forse perché abbiamo la stessa età e la giovinezza è sempre uguale, ho subito sentito Kate molto simile a me. Un giorno sei solare e l’altro dark, un momento ti senti tanto forte da uccidere tutti i draghi del mondo e quello successivo non usciresti dalla tua stanza. Lei è una medium, ma anch’io ogni tanto mi rifugio nel mio mondo e chiudo fuori tutti. Lei fluttua tra la vita e la morte, sembra solare ma è molto triste. Io ho attraversato momenti bui, ho sofferto di anoressia, ma adesso sono guarita. È un’americana in Francia e io sono cresciuta a metà: l’Europa è la mia famiglia, la mia culla, mentre gli States sono la scuola che ho lasciato quest’anno per mettermi a lavorare ed essere finalmente indipendente. Siamo entrambe due ragazzine cresciute in mezzo agli adulti, più che con i nostri coetanei. Ecco perché, quando nel film mi vedete piangere, le lacrime sono vere, niente gocce. Mi sentivo così vicina a Kate che non ne ho avuto bisogno…

N. P. : Finalmente ho recitato in francese, io che mi sono laureata in letteratura francese. E volevo tornare a essere diretta da una donna: non credo nelle differenze di genere, ma se il tuo capo è femmina allora puoi stare certo che il clima sul set sarà davvero famigliare. Inoltre una donna al comando ha sempre una marcia in più: le donne registe sono davvero sexy! Cosa ho in comune con la “mia” Laura? Penso il fatto che non puoi cancellare il passato, le origini, il legame con la tua gente, con quello che è successo anche decenni o secoli fa.