Ricordando Ettore Scola

sdar_MGTHUMB-INTERNAPer rendere omaggio alla grandezza del regista di Una giornata particolare vi proponiamo una serie di sue acute osservazioni teoriche, tratte da L’avventurosa storia del cinema italiano a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi (Feltrinelli), Positif, Vie nuove, I Cahiers du cinéma, Le Monde, L’Avant-Scène, Il Giorno, L’Europeo.

 

La genesi della commedia all’italiana

La commedia all’italiana nasce su parecchi innesti; e fra quelli “nobili”, come la commedia dell’arte, le maschere e il teatro dialettale, c’è anche il neorealismo cinematografico, che può essere considerato il padre della commedia all’italiana, anche se questa è nata proprio come reazione al neorealismo. Il neorealismo cercava di restituire il volto drammatico e autentico dell’Italia di quegli anni, mentre la commedia all’italiana, con intenti opposti e soltanto evasivi, ha cercato di fabbricare un quadro italiano conciliante, paesano, doncamillesco, di “pane” e di “amore”. E’ cominciata così, in modo abbastanza falso, la commedia all’italiana. A poco a poco, però è cresciuta, ha preso a seguire sempre più da vicino e più criticamente il cammino della società.

 

La marcia su Roma 

La marcia su Roma è stato scritto a più mani: io e Maccari, Age e Scarpelli, Continenza, De Chiara, e infine Risi, il regista. Mi pare che bastino. Risi ha amalgamato il tutto in regia, ma forse si sente ancora che la sceneggiatura è costruita a blocchi, a frammenti. Preferisco la sceneggiatura di Anni ruggenti, anche perché era ancora un’epoca in cui gli sceneggiatori venivano mandati in giro a vedere i posti, prima di scrivere un film, e in quel caso io e Zampa facemmo un lungo viaggio nelle Puglie, a Matera, a Alberobello, dove il film è poi stato girato.

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Alberto Sordi

Secondo me Alberto Sordi in cinema ha sempre fatto se stesso, sempre, in tutte le sfaccettature psicologiche. La differenza con altri attori (molti grandi attori fanno questo) sta nel fatto che Sordi ha mostrato di sé la parte meno bella, è un narcisista alla rovescia, dissacrante, ma che anche chiede la complicità del pubblico. Sordi non è l’italiano medio, è l’anima nascosta dell’italiano medio, quello che l’italiano medio vorrebbe essere di nascosto. Ed è scattata così un’identificazione che credo non abbia pari nel mondo dello spettacolo dei nostri anni, forse non solo in Italia.

 

Scrivere per Pietrangeli e Risi 

Lo sceneggiatore deve tenere in conto che ogni regista è una personalità diversa; e di conseguenza non può seguire con l’uno o con l’altro lo stesso metodo di lavoro. Con Pietrangeli, mettiamo, le riunioni, le conversazioni, i sondaggi per un soggetto e una sceneggiatura duravano mesi; con Risi, invece, erano un pochino meno lente. Dopo una decina di giorni ci si trovava abbastanza d’accordo su quanto si doveva fare, Maccari e io ci mettevamo a scrivere la sceneggiatura, poi gliela davamo, lui ci faceva le sue osservazioni, e io e Maccari riscrivevamo le cose che non gli erano suonate, ma insomma l’iter era più veloce e meno dubbioso, anche perché, diciamo, il genere di Risi era magari più naturalmente vicino a Maccari e forse a me. Io, comunque, essendo più giovane, non avevo ancora un genere definito, non avevo fatto decine di film comici e quindi mi adattavo bene anche con Pietrangeli: anzi direi che certi lavori sulle psicologie che si facevano con lui mi interessavano maggiormente.

 

La prima regia

Se permettete parliamo di donne è la mia prima regia, un film a sketch, ma non c’è stato un trauma di passaggio dalla sceneggiatura alla regia. Come scse-permetteteeneggiatore ero soddisfatto, lavoravo con registi che mi piacevano, non ero affatto un frustrato e la decisione di fare il salto dietro la macchina da presa non nacque da questo. Ando invece così: avevo scritto molti film con Gassman e fu una cosa abbastanza naturale, sia da parte sua che di Maccari e di Cecchi Gori – il produttore con cui lavoravo in modo stabile- dire:”Ma questo perché non lo dirigi tu?” Non so neppure bene su cosa si basasse la loro offerta, perché io non sono mai stato un frequentatore di set e non solo non avevo fatto l’aiuto ma neppure mi piaceva andare dove si girava: su un set ci si sente sempre un po’ intrusi , non si sa che fare, si coglie soltanto la noia mortale delle ripetizioni, tutto qui.

 

L’evoluzione della commedia 

La commedia all’italiana è un ginepraio in cui è difficile districarsi, una specia di mercato delle pulci dove c’è stato di tutto. Perché Fellini ha fatto molta commedia all’ italiana, Pasolini ha fatto commedia all’italiana, Franchi e Ingrassia l’hanno fatta, Corbucci, Monicelli, Comencini, io, altri ancora…Quindi, all’interno di questo genere, andrebbero distinte le varie specie. C’è stata per esempio la commedia all’italiana venuta subito dopo il neorealismo, il neorealismo rosa, che sembrava essere nata addirittura per bilanciare il neorealismo: se questi cercava di dare un quadro dell’Italia uscita dal fascismo che era drammatico, umano, seguendo l’uomo, la commedia rosa sembrava annullare tutte queste indicazioni per presentare invece un’Italia allegra, paesana, improntata al “vogliamoci bene”. Poi, invece, c’era tutta la specie del film comico, di cui Totò è un discordo a parte, non rientra nel ritratto mistificatorio dell’Italia, semmai l’opposto dato che nei suoi film si potevano trovare maggiori trasgressioni che nella commedia italiana. Poi c’è stata una commedia italiana un po’ più matura, di cui credo facciano parte film come Il sorpasso, dove il fine non era soltanto quello di pacificare, di piacere al pubblico, perché vi si facevano discorsi un po’ più aggressivi di quanto il pubblico allora non facesse. Negli anni la commedia italiana si è andata spegnendo per una concomitanza di motivi. Per esempio la definizione sempre più difficile del nemico, il cui volto diventava sempre meno puntualizzabile e più subdolo. Poi c’è stata l’inflazione del genere e quindi trovandosi di fronte a centinaia di commedie, da una parte il critico ha perso rapidità di percezione, per cui si sono avute critche ugualmente negative e ugualmente superficiali sia per film che meritavano moltissimo come per quelli che invece racchiudevano germi qualunquisti che il critico avrebbe avuto l’obbligo di individuare. Gli autori italiani hanno cercato in parte di uscire dalla commedia per distinguersi da questo mare e in parte, bisogna ammetterlo, hanno perso quel contatto con la realtà che avevano avuto, o per lo meno non sono più riusciti a capire che tipo di contatto dovesse esserci tra un autore e la realtà. Così si è cercato di copiare altri generi  o di somigliare agli stranieri o di rendersi più provinciali, andando a finire in campi che non ci appartengono, in simbolismi, espressionismi, catastrofismi.

La_terrazza_scola