Tyler Rake: su Netflix la fiera degli stunt

Extraction. Nella terminologia tecnica dei corpi speciali è l’operazione di salvataggio in armi di un ostaggio, o di un rapito. È anche il titolo originale di Tyler Rake, il film Netflix prodotto da Joe e Anthony Russo. Il protagonista è Chris Hemsworth, ex SASR (Special Air Service Regiment, l’equivalente australiano della SAS britanniche) impiegato in una società paramilitare che risolve problemi. Lo chiamano in India per liberare il figlio adolescente di un narcotrafficante rapito dal boss rivale di un’altra città. Il braccio destro del papà del rapito, interpretato da Randeep Hooda, a sua volta ex PARA (le forze speciali dell’esercito indiano), vuole recuperare il ragazzo appena liberato così da prendere due piccioni con una fava, senza pagare né il riscatto né la missione. C’è ben poco altro da aggiungere, a parte qualche personaggio di contorno – un colonnello della polizia corrotto, la mercenaria partner di Tyler impersonata da Golshifteh Farahani – perché il 90% del film è fatto di stunt. Il regista Sam Hargrave, per la prima volta dietro la macchina da presa, è uno degli stuntman più celebri d’America, vincitore nel 2017 del Taurus Award (l’Oscar della categoria) per i suoi combattimenti in altezza (c’è una categoria specifica che si chiama Best High Work) in Captain America: Civil War, dei suoi mentori fratelli Russo.

 

 

I quali da tempo sperimentano con l’action realistica, come si è visto alla Mostra di Venezia nel 2019 con Mosul, un war movie ispirato a un vero episodio accaduto durante la lotta all’Isis in Irak, diretto da Matthew Michael Carnahan e da loro prodotto. Riprese in digitale ad altissima definizione, una mobilità della macchina da presa che mantiene molto nitide le immagini, il lavoro complementare dei droni. Insomma un apparato tecnologico che anche al di fuori dei mega budget Marvel assicura il massimo realismo dell’azione. Tyler Rake è a sua volta realizzato da un tecnico, uno stunt coordinator. Hargrave ha basato tutto sulle scene d’azione, l’epicentro del film è un piano sequenza di 12 minuti (un’enormità) che inizia con un lungo inseguimento in automobile, passa attraverso i piani di un palazzo tra sparatorie e corpo a corpo, infine va a risolversi (per modo di dire: è come se non finisse mai) per strada. La preparazione per realizzarlo è stata lunghissima, controfigure e attori hanno provato per dieci giorni prima di girare la sequenza, a pezzi. Non è quindi un’inquadratura unica, lo stesso regista ammette ci siano stacchi occulti ma non vuole dire quanti, né dove. Noi ne abbiamo contati quattro. L’editing non riduce l’eccezionalità della ripresa, almeno dal punto di vista tecnico, perché invece la resa è un po’ troppo simile a un videogame, specie nelle sparatorie.

 

 

E qui sta il problema di un film come questo, e di tanto action americano recente (si pensi ad esempio alla saga di John Wick). Gli stunt sono fine a se stessi, non sono più al servizio né di una storia né dei personaggi. È sempre un continuo rilanciare inseguimenti, pestaggi e sparatorie, solo invertendo l’ordine degli addendi. L’esatto contrario di quello che avveniva in un’altra saga, Jason Bourne, o nel thriller di spionaggio Red Zone – 22 miglia di fuoco di Peter Berg (2018), che pure può contare su stunt davvero belli. Considerazione finale con spoiler. Al termine della baraonda Tyler Rake viene colpito al collo e cade da un ponte in acqua, chiudendo così in modo circolare la sua parabola cominciata proprio con un tuffo “mistico”. Ma c’è un epilogo prima dei titoli di testa, dopo un’ellisse. Il ragazzo rapito e ora liberato nuota in piscina, quando esce intravede una sagoma confusa. Potrebbe benissimo essere Chris Hemsworth sopravvissuto. Il sito indiewire ha rivelato, citando lo stesso regista, come il film dovesse terminare con la scomparsa definitiva di Tyler, ma dopo le reazioni del pubblico a una proiezione di prova la produzione si è convinta a dare al personaggio un’altra chance, nonostante la contrarietà di Hargrave. Un Tyler Rake 2 è, a questo punto, probabile.

 

Mauro Gervasini è autore del blog qualcosanellanotte.it