Sembrava ieri e invece sono passati ormai sette mesi da quando, lo scorso 10 maggio, il West Ham giocava la sua ultima, memorabile partita nel suo storico stadio, Boleyn Ground (altrimenti conosciuto come Upton Park), battendo la rivale di una vita, il Manchester United, per 3 a 2. Questo teatro del calcio, situato nell’area est di Londra, ha cominciato a battere (e a far battere) il cuore dal 1904: ben 112 anni di lacrime, gioie, vittorie e sconfitte sono ora destinati ad essere tristemente cementificati e a trasformarsi in un complesso condominiale di appartamenti lussuosi e costosissimi. Sotto i colpi fatali di ruspe e pale, Upton Park entro il 2020 vedrà la sua metamorfosi in Upton Gardens, 842 appartamenti che soltanto gli inglesi più benestanti possono permettersi, mentre di ciò che riguarda lo stadio non resteranno nient’altro che pezzi pregni di nostalgia, accessibili ai tifosi: targhe, seggiolini e persino zolle del campo possono infatti essere acquistati già da ora dagli Hammers più affezionati, che nel frattempo non rinunciano a tenere vivo il ricordo della loro vecchia casa con post e commenti sui social network. Tra i più scaramantici c’è anche chi sostiene che lo smantellamento di Boleyn Ground abbia rappresentato una vera e propria maledizione per il West Ham, oggi particolarmente indietro nella classifica della Premier League. I risultati sembrano effettivamente confermare la superstizione: da quando la squadra si è trasferita all’Olympic Stadium, quella che per i più ottimisti sarebbe stata una nuova era di successi si sta rivelando una stagione a dir poco fallimentare. Lo stesso manager del West Ham, Slaven Bilić, in un’intervista avrebbe dichiarato che l’atmosfera che si respira non è più la stessa: ai calciatori ancora non sembra di giocare una partita casalinga ed è impossibile non ripensare con rimpianto all’Upton, definito dal croato “la casa migliore”.
C’è chi, invece, non si lascia travolgere dalla negatività, ed è quasi paradossale che le risposte ottimistiche siano venute dai più anziani, per i quali il passato, in genere, dovrebbe essere leopardianamente sacro ed intoccabile. Così, la tifosa centenaria Mabel Arnold ha per esempio affermato che i ricordi non sono tutto:“Se non andiamo lì a sostenere i nostri ragazzi che cosa ci stiamo a fare? Loro avranno comunque e sempre bisogno di noi e noi avremo bisogno di loro.” Le sue parole cariche di speranza si librano leggere nell’aria come le bolle cui si fa riferimento in “I’m forever blowing bubbles”, “Soffierò sempre bolle di sapone”, l’inno ufficiale del West Ham scritto nel 1918 e da allora cantato puntualmente ad ogni partita. Ma, analogamente a qualsiasi momento magico, anche quello calcistico di una squadra non può avere gloria eterna: come le bolle volano alte, raggiungono il cielo e poi, simili a sogni, svaniscono e muoiono (parole dell’inno), così la demolizione di Upton Park ha chiuso per sempre un glorioso capitolo del calcio inglese, colpo dopo colpo. Del resto, pensandoci bene, “Hammers” in inglese significa martelli. Coincidenze?