A Bigger Splash: pulsionale e controllato

a-bigger-splashIl tuffo invisibile del quadro di Hockney, con i contorni netti della luce californiana. Poi le plastiche geometrie psicologiche di Alain Delon, Romy Schneider, Jane Birkin e Maurice Ronet ai bordi della Piscina di Jacques Deray. E ancora il rock come linea di continuità tra due secoli e il rosselliniano Viaggio in Italia qui sospinto nel cuore di un Mediterraneo astratto nella natura selvaggia di Pantelleria… I vissuti su cui Luca Guadagnino ha elaborato A Bigger Splash sono molteplici, a leggere i segni che il film dissemina, un vero e proprio arcipelago di intuizioni visive e tematiche che si traduce in un film chiaramente pulsionale, eppure troppo controllato, poco istintivo pur nella placida disposizione degli elementi figurativi, nella precisione anche un po’ schematica delle pedine poste in campo.

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Non sai bene dove guardare, di fronte a un film come questo: la funzione logica degli elementi in campo è essenziale, lavora sulla triangolazione delle passioni di due uomini e una donna, cui si aggiunge un quarto elemento disturbante. Diresti che tutto verte attorno alla coppia composta da Marianne (Tilda Swinton), rock star di livello globale ma senza voce a causa di un intervento alle corde vocali, e Paul (Matthias Schoenaert), documentarista a riposo; ma poi il loro ritiro nel cuore del Mediterraneo, in una villa a Pantelleria, diviene il perimetro di un confronto forzato con tutto ciò cui i due sembrano aver rinunciato. Il chiassoso arrivo di Harry (Ralph Fiennes), discografico che ha un passato di lavoro e d’amore con Marianne, è la folata che spazza la coltre pesante di presente che copre i due, riattivando le sirene del passato e annunciando quelle del futuro. E poi c’è Penelope (Dakota Johnson), la figlia ancora minorenne di Harry, che si colloca sulla scena come il perturbante, lo sguardo esterno, non coinvolto e ovviamente coinvolgente, catalizzatore di allusioni, attese, pulsioni che i tre adulti non sanno dirsi. Guadagnino cerca la strada di un dialogo con questi elementi che non sia meramente psicologico, ma poi non riesce a liberarsi dall’ordito, intrattiene un rapporto con la materia che filma prevalentemente dinamico: piuttosto che scegliere la stasi, alimenta il movimento, curiosamente sembra stare più a suo agio con la pulsione vitalistica ormai esaurita di Harry che con il buon ritiro della rock star. L’urgenza di un film come questo è palesemente residuale: A Bigger Splash sembra un oggetto cinematografico che viene dal passato forse ancor più di quanto fosse vero per il più interessante Io sono l’amore, dove l’impianto pulsionale prendeva il sopravvento sulle architetture rigorose della messa in scena. Qui ci si aspetterebbe un afflato più libero, vitalistico, osmotico rispetto alle attrazioni in atto sulla scena: corpi, memorie, natura, acqua, sole, vento, passioni… RZ6A0782.JPGE invece Guadagnino sembra cercare piuttosto certe rispondenze tematiche, umori d’Antonioni, e poi derive inappropriate da commedia (il personaggio del maresciallo dei Carabinieri di Corrado Guzzanti, davvero fuori registro) e inciampi d’attualismo (gli immigrati nascosti) che poco dicono se non il vano vezzo di stare nel presente.