Al Festival dei Popoli Songs for Madagascar, la musica come megafono delle fragilità dell’isola africana

14_nNon è la prima volta che il documentarista brasiliano Cesar Paes racconta il Madagascar lasciando all’epressione musicale della sua cultura il compito di farsi narratrice delle variegate realtà di una delle regioni più a rischio del pianeta. Come già faceva in Mahaleo, co-diretto assieme a Raymond Rajaonarivelo nel 2005, anche in Songs for Madagascar Paes si lancia alla scoperta dell’essenza di una musica inscindibile dal suo contesto sociale, e che anzi trova il suo più nobile significato–e perciò ragione di esistere – proprio nel racconto di ogni sfaccettatura del mondo in cui nasce, che siano le gioie quotidiane degli affetti o le difficoltà e i problemi di un paese ormai fragile nella qualità della vita e nelle condizioni ambientali, dove i musicisti si assumono non soltanto il ruolo di intrattenitori, ma soprattutto quello di stimolare le coscienze sulle questioni che toccano da vicino le comunità dell’isola africana.

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Passato al 57° Festival dei Popoli nella sezione Hit me with music! dedicata ai documentari musicali, Songs for Madagascar segue la quotidianità dei Madagascar All Stars, band tra le interpreti più note a livello internazionale della salegy, un tipo di musica popolare malgascia che con i suoi ritmi sincopati è prima di tutto una danza, e con essa una forma musicale libera che sfugge ai canoni e alla “gabbia” della scrittura, da intendere come un vero e proprio stile di vita. Il racconto del documentario è allora declinato al plurale: come la miriade di note solo apparentemente disorganizzate che compongono le canzoni, tante sono le voci diverse che concorrono a dipingere il quadro di questo gruppo di musicisti di origine malgascia, divisi tra Europa e Madagascar, appassionate del mestiere di cantori della propria terra, in cui l’unità e la condivisione sono i valori che riflettono lo spirito di un intero popolo. Ciascun componente degli All Stars ha una storia personale, un background peculiare che lo ha condotto ad intraprendere la via della musica in un percorso fortunato e salvifico,considerato il destino di gran parte della popolazione dell’Isola-Stato dove oggi vivono circa 22 milioni di abitanti, di cui 20 in stato di povertà crescente. Paes lascia molto spazio ai testi, elaborati in maniera individuale o condivisa per farsi specchio del reale: si canta di amori e sentimenti, di ricordi ed esperienze personali, della delinquenza dilagante, e di riflessioni poetiche sul rapporto ormai logorato tra l’uomo e una natura messa in pericolo. L’impegno sociale e politico dei musicisti, anche di carattere transculturale (nella realizzazione del documentario è stato coinvolto il Center for Transcultural Studies dell’Università di Southampton) si realizza così sensibilizzando e partecipando, con esibizioni e incontri con le comunità locali, al dibattito sulla grande povertà diffusa tra le popolazioni e sulla devastazione dell’ecosistema che si consuma da decenni sull’isola, culla di un prezioso patrimonio di biodiversità, e dove il fenomeno della deforestazione ha assunto proporzioni incontrollabili, complici le attività criminali e spesso la connivenza del governo. Songs for Madagascar è allora un lavoro che solo in apparenza si ferma al dietro le quinte delle esibizioni di questi rappresentanti della cultura malgascia, ma ne analizza le qualità di strumento di informazione sui rischi vissuti da un territorio e un’identità sempre più precari.