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Il mondo che ES, come viene chiamato nella sinossi ufficiale, incontra in questa sua trasferta/fuga dalla Palestina è esattamente quello che conosciamo, fatto di controli continui, limitazioni delle libertà, percorsi obbligati: a Parigi come a New York, dove si reca in cerca di fondi per il suo nuovo film, è tutto un pullulare di pattuglie di polizia che danzano su pattini a rotelle o monoruota elettrici, prendono misure, piazzano check point. Pattuglie di cittadini armati percorrono le strade, vecchie signore con le borse della spesa vengono guardate a vista da agenti armati, nel metro ti trovi per compagno di viaggio loschi figuri con la faccia da fascisti… Intanto, ogni volta che torna a casa, ES trova il vicino che gli ha occupato il giardino colonizzando il suo limone, e un passero duetta con lui mentre scriv
e al computer. Elia Suleiman costruisce insomma la sua scena reale e astratta lasciando che la realtà quotidiana si racconti nella sua assurdita di fronte alla sua figura paziente e cosciente. La poesia si esplica come funzione politica e inevitabilmente il suo è un cinema che si impone nel segno della libertà. A Cannes la proiezione ufficiale è stata un trionfo di applausi a scena aperta…
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