Cannes74: cinema, vita, verità. Alla Quinzaine Ripple of Life di Shujun Wei

La vita, la finzione e l’attesa: tre movimenti per definire i tre momenti che compongono Ripple of Life (Yong an Zhen Gu Shi Ji), l’opera seconda del cinese Shujun Wei presentata a Cannes 74 nella Quinzaine des Réalisateurs. Increspature sulla calma piatta della vita di un villaggio di provincia, nel quale arriva una troupe cinematografica per girare un film che avrà per protagonista proprio una grande star che da quelle parti è nata e cresciuta… Rispecchiamenti tra scena della vita e messa in scena cinematografica che ben conosciamo e sui quali Shujun Wei gioca in forma plastica, modellandoli su un universo che transita tra la quieta amarezza dell’esistere reale e le inquiete speculazioni edificate dalla finzione cinematografica sulla vita. Non un effetto notte e nemmeno un ottoemezzo, ma qualcosa che sta in bilico tra i due classici modelli, seguendo del resto la traccia di personaggi persi nella loro ricerca, già individuata dal giovane regista sia nel promettente cortometraggio On the Border, col quale era stato premiato nel concorso di Cannes 2018, sia nel suo lungometraggio d’esordio, Striding Into the Wind. Ripple of Life scompone la riflessione sulla linea di passaggio tra la verità e la sua impossibile trasposizione cinematografica. Tutto inizia con lo sceneggiatore e il regista del backstage che arrivano in avanscoperta nel villaggio con la troupe intenta alla preproduzione: la giovane madre che serve ai tavoli del ristorante di famiglia, tenendo al petto la figlia di due anni (che ancora allatta per volere della suocera…), entra nelle loro attenzioni e finisce con giocare a fare l’attrice, provando per il regista i costumi della star che ancora non è arrivata.

 

 

Il secondo step del film Shujun Wei lo installa proprio sul ritorno a casa della diva, figlia ormai famosa di quella terra, immancabilmente accolta con feste di popolo e cerimonie delle autorità locali: nel film deve interpretare quello che era destinata a essere se non fosse andata via e a metterla in difficoltà è lo scollamento tra ciò che era e ciò che non è più, le vecchie conoscenze che sono cambiate, i ricordi che non combaciano, le delusioni e le illusioni… Infine il film si tuffa nello specchio della finzione, ovvero della speculazione del terzo capitolo incarnata nel dissidio tra lo sceneggiatore e il regista: il primo non si decide a chiudere la sceneggiatura perché non trova verità nei personaggi che ha scritto, il secondo lo spinge a semplificare le cose e ad allineare le pedine sul tavolo della produzione di un film arthouse, che gli deve procurare premi nei festival internazionali. Va detto che il pregio del film è anche il suo difetto, perché nello sviluppo di questo schema Shujun Wei adotta un approccio mimetico rispetto al tema che intende illustrare, cercando una via per stare sia dentro che fuori la sostanza del suo lavoro. Sicché Ripple of Life nella prima parte coinvolge proprio per la capacità di stare sensibilmente (anche sotto il profilo visuale) nel confronto instabile tra la realtà del villaggio e l’arrivo della troupe. In questa fase tutto ruota attorno al confronto tra la macchinosità della vita reale (molto riuscito il personaggio della giovane madre) e quella della troupe. Il confronto tra realtà e finzione si incarna poi nel ritorno a casa della star, che innesca dinamiche classiche e apre un varco nella flagranza del film, destinato a spalancarsi del tutto nella terza parte, in cui il confronto sin troppo prolungato tra le ragioni dello sceneggiatore e quelle del regista diventa pedissequo e smorza le potenzialità dell’opera. Il tentativo, un po’ ambizioso, di Shujun Wei è quello di fare un film che guarda se stesso e che riflette sulla riflessione che pone in essere, ma il risultato è sospeso tra una certa involuzione tematica della seconda parte e la stasi di sceneggiatura della terza… Va detto, però, che il finale sulla Evita di Madonna che canta “Don’t cry for me Argentina” ha una bella potenza, tanto più che dichiara una volta di più l’idea di un personaggio che, esattamente come il film, sa di essere artefice e vittima della sua idealità e del proprio destino…

 

La scheda del film sul sito della Quinzaine des Réalisateurs