«Non mi riconosco nella parola “jazz”. Mi sembra solo di suonare John Coltrane», dichiarò, a proposito della propria musica, il celebre sassofonista scomparso il 17 luglio del 1967.
Ma se oggi dovessimo spiegare a un bambino che cos’è il jazz, come faremmo? Io gli farei vedere Tutti insieme appassionatamente, per fargli conoscere My Favorite Things nella versione di Rodgers & Hammerstein. Poi, una volta memorizzata (l’ideale sarebbe che imparasse anche a strimpellarla al piano, ma non è necessario) gli farei sentire la destrutturazione libera di quello stesso brano ad opera del sax di John Coltrane. Il brano è ovviamente uno dei classici citati da Chasing Trane: The John Coltrane Documentary di John Scheinfeld (noto da noi come co-autore di The U.S. vs John Lennon, ma con alle spalle una cospicua attività di biografo documentarista), visto all’ultimo Biografilm Festival. Passato al Toronto Film Festival l’anno scorso, uscito negli Stati Uniti ad aprile 2017, Chasing Trane è ancora senza distribuzione da noi, come peraltro la maggior parte dei film musicali di qualità che si interessino di materia musicale, suonino molto la musica dell’artista ritratto e non facciano leva su voyeurismo e gossip (il primato è di Amy di Asif Kapadia, su Amy Winehouse). Costruito su un vasto e in parte inedito archivio foto e discografico ma soprattutto su interviste ad altri musicisti (Sonny Rollins, Wynton Marsalis, Wayne Shorter, Carlos Santana, Kamasi Washington, i figli Michelle, Ravi e Oran, perfino i super fan Bill Clinton e John Densmore dei The Doors) che intervengono nel merito del contributo portato da Coltrane nella musica, Chasing Trane ripercorre con sintesi esperta la carriera fulminante del sassofonista di Hamlet, North Carolina, iniziato allo strumento da bambino e scomparso a soli 40 anni. Mentre Denzel Washington, voce narrante, fa rivivere il pensiero di Coltrane, citando numerose dichiarazioni tratte da sue interviste, e si chiude cronologicamente in Giappone, in quell’ultimo tour in cui Coltrane andò a rendere omaggio alle vittime di Nagasaki.
Al di là del paradigmatico procedere per periodi — dalla dipendenza alla svolta religiosa — e stili – la folgorazione per Charlie Parker, poi la propria via, da Dizzy Gillespie al Miles Davis Quintet, da Thelonius Monk alla carriera solista – la grandezza del film, che fortunatamente fa piovere in sala una cascata continua di note e al volume appropriato, sta anche nel tenere sempre legati l’esplorazione artistica e il contesto storico, la segregazione dei neri d’America. La tensione costante di Coltrane, avanguardia antirazzista e pacifista, a elevarsi tramite la creazione e a trasmettere, oltre al conforto, la stessa ispirazione a chi lo ascolta. A considerare la musica un elemento che non divide ma unisce gli uomini, in una ricerca comune di spiritualità, trascendenza. Proprio come rappresenta in maniera emblematica e potente la testimonianza del più grande collezionista di Coltrane, Yasuhiro Fujioka di Osaka. Quindi: cercate di vedere Chasing Trane, e non solo per My Favorite Things. Perché, come dice Sonny Rollins nel film, «non si può descrivere la musica a parole. In ultima analisi, si tratta di ascoltare».