Cleaning to save my life: alla Berlinale75 Paul di Denis Côté

Come sempre retrattile, il cinema di Denis Côté si concede a manifestazioni di interesse improprie, inattese, inclinate sul piano di una umanità statica ma non inamovibile. Ecco ora Paul, il documentario che ha presentato alla Berlinale75 nella sezione Panorama, ritratto di un ragazzo sospeso tra l’introversione dell’obeso che teme di mostrarsi al mondo e l’estroversione di chi si offre ai follower sui social aderendo alla categoria dei Simp, che nello slang di internet sta per qualcuno che mostra eccessiva attenzione per un’altra persona senza essere ricambiato. Su Instagram e i social Paul si può trovare come “Cleaning Simp Paul” e il suo motto è “Cleaning to save my life”, con cui tiene insieme l’obiettivo di fare attività fisica per perdere il peso in eccesso e quello di soddisfare la pulsione masochista che lo porta a voler essere dominato da figure femminili forti, nelle cui case si reca per fare pulizie e per essere sottoposto a sedute BDSM. Il tutto filmato e postato in reel quotidiani su IG. Partendo da questo setting esistenziale, Denis Côté si pone a contatto con la percezione neutra, come rumore bianco, che la figura di Paul offre a lui come autore tanto quanto a noi spettatori: al di là delle categorie social (simp) e sessuali (BDSM) in cui si muove, l’impianto umano offerto da Paul è una sorta di schermo in cui si riflettono neutralità multiple di un esistere quasi astratto, in cui la società reale non esiste e tutto si conclude nell’immagine tanto concreta quanto virtuale che si ha e si offre di sé.

 

 

È proprio questo che rende Paul un personaggio assolutamente coerente con l’approccio del regista canadese, aderente al suo cinema sempre in cerca di una neutralità del gioco di relazione tra figure e scenari reali o finzionali che adotta, a seconda che faccia documentario o finzione. Paul è un candido che cerca il suo miglior mondo possibile nella prassi di una norma di vita che lo porta a esporsi fisicamente per annullarsi nel servizio e nella volontà altrui e riaffermarsi come immagine di se stesso. Percorso strano e straniante dinnanzi al quale l’approccio di Denis Côté resta come sempre implicito e introflesso, privo di valutazioni e di manipolazioni, sorprendente per capacità di neutralizzare qualsiasi considerazione che non afferisca alla sfera personale del protagonista. Lo stesso modo in cui riesce a tenere in campo le donne dominatrici con le quali Paul intrattiene le sue relazioni, mostrando le sedute di sottomissione ma privandole di qualsiasi morbosità erotica, testimonia della capacità di questo regista di attraversare le immagini in limpidezza, scostando le increspature e limitandosi a galleggiare nello sguardo che cerca e che offre. L’esito è sincero, autentico, quasi immediato e non si ha mai l’impressione che l’autore stia usando il suo protagonista.