Estate ’85 di François Ozon: frammenti di un discorso amoroso

Estate ’85 (Été 85) è prima di tutto l’adattamento del romanzo Danza sulla mia tomba (Dance on My Grave: a Life and a Death in Four Parts, One Hundred and Seventeen Bits, Six Running Reports and Two Press Clippings, with a Few Jokes, a Puzzle or Three, Some Footnotes and a Fiasco Now and Then to Help the Story Along, 1982) di Aidan Chambers. François Ozon, sceneggiatore e regista, semplifica e distilla la frammentazione e la tendenza al pastiche tipicamente postmoderne del romanzo in un film che, sebbene metta a tema proustianamente la scrittura come strumento di elaborazione, redenzione e affermazione di sé (la voce off del protagonista ricostruisce gli eventi a mano a mano che li scrive), è concentrato con melodrammatica esclusività su una storia di amore e morte. Estate ’85 è anche un esempio delizioso di modernariato audiovisivo: la fotografia, le musiche, i costumi e le scene del film ricostruiscono il decennio della spensieratezza, della new wave, dei look androgini, in una parola il decennio del pop, oltre che il decennio della giovinezza del regista, con una precisione e una capacità evocativa che lasciano il segno. Estate ’85, nel solco del cinema francese alla André Techiné, è un romanzo di formazione che racconta una di quelle estati, che tutti abbiamo vissuto da adolescenti, in cui ci si apre all’amore, al sesso, alla vita, in cui si fantastica, ci si butta a corpo morto dentro avventure inverosimili, in cui l’avventura vale per se stessa più che per gli scopi che ci si prefigge di raggiungere e la sua inverosimiglianza è sinonimo di magia, di potere assoluto sulla realtà.

 

 

Estate ’85 è un’esplorazione di entomologica precisione, e allo stesso tempo palpitante di immedesimazione, dei sogni giovanili, del narcisismo irresistibile che li plasma, che rende possibile ogni cosa, che crede di poter domare il destino come una riserva di possibilità a nostra disposizione e sotto il nostro controllo. Estate ’85 è un manualetto aforismatico sull’amore, nello stile dei Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes, dove i due protagonisti sono tipi o meglio incarnazioni convincenti e deliziose di disposizioni d’animo che tutti abbiamo provato o almeno desiderato provare: Alexis (che deve il suo nome all’archetipo dell’omosessuale che si rivela a se stesso e agli altri forgiato da Marguerite Yourcenar) è l’Amante riflessivo e fedele, colui che attribuisce all’oggetto del suo amore virtù e poteri assoluti, in particolare quello di consentire o distruggere la sua felicità; David invece è l’Amato che fugge, seduttore seriale, avido di novità e stupore, inseguitore della velocità per se stessa, pronto a sacrificare chi lo ama per fuggire la noia.

 

 

Ma l’esplorazione di Ozon, che strada facendo ha demolito figure come la mamma ingombrante e quasi incestuosa di David (Valeria Bruni Tedeschi nel suo solito ruolo) e Kate, la frivola ragazza inglese con cui David ha tradito Alexis, inchiodandole alla loro inconsistenza, non lascia scampo neanche ai nostri due bellissimi adolescenti (gli intensi Félix Lefebvre e Benjamin Voisin), letteralmente facce della stessa medaglia: l’egocentrismo adolescenziale che spinge David a calpestare Alexis pur di inseguire il suo piacere non è molto diverso da quello che spinge Alexis a reclamare da David una fedeltà che non gli ha mai giurato (a un certo punto lui stesso chiede a Kate: «Credi che inventiamo le persone che amiamo?); l’incoscienza che spinge David a rischiare la vita in moto non è molto diversa da quella che Alexis mostra con la sua attrazione per i riti funebri. Estate ’85 è la storia dell’elaborazione tumultuosa di un lutto, ma questo è il suo cuore pulsante che merita di essere protetto e che vedrete vedendo il film… Estate ’85 è infine un elogio della vita, della sua infinita capacità di divincolarsi da qualunque rappresentazione che tenti di catturarla e cristallizzarla, perché, come recita lo stesso Alexis nelle battute finali, «la sola cosa che conta è riuscire in un modo o nell’altro a fuggire dalla propria storia», ovvero dal racconto che ognuno di noi si fa di se stesso e della propria vita.