Ghostbusters Legacy di Jason Reitman, ovvero il ritorno dei “veri” Acchiappafantasmi

«If there’s something strange/In your neighborhood/Who you gonna call?…».
La musica che ti aspetti (il pezzo tormentone di Ray Parker Jr.) arriva solo alla fine, ma tutta l’opera è densa dello spirito originale rivisto e aggiornato, in una sorta di suggestiva contemporaneità iper vintage. Tra i film più potenti, ritmati e divertenti visti alla Festa del Cinema di Roma  c’era l’atteso Ghostbusters  Legacy di Jason Reitman, reboot e sequel della storica saga. Film imbevuto di sorprese, rimandi, easter egg e piaceri cinefili (tra i tanti: l’improbabile professor Grooberson/Paul Rudd proietta agli studenti di una classe estiva del liceo in cui “insegna” una serie di videocassette di film horror anni Ottanta…).

 

 

A metà anni Ottanta, ovvero all’apice del successo superpop di Ghostbusters (1984) di Ivan Reitman, prima del relativo sequel del 1989, uscì un cartoon che si intitolava (Filmation’s) Ghostbusters e non c’entrava quasi niente con l’iconografia del film. Quasi in contemporanea arrivò il cartoon ufficiale che, per chiarire l’originalità della matrice, si chiamava The Real Ghostbusters. Come a dire: quelli veri, quelli originali e inimitabili. Dopo l’infelice parentesi cinematografica del 2016 diretta da Paul Feig, ecco arrivare Ghostbusters Legacy (Afterlife in originale) e potremmo dire che, a differenza della precedente versione tutta al femminile, stavolta tornano “The Real” Acchiappafantasmi, anche se i protagonisti sono personaggi ragazzini introdotti per la prima volta… Il film di Feig era legato alla saga quasi solo per ragioni nominali, di diritti, soggetto e logo con il fantasmino schiacciato dal simbolo del divieto, per il resto fu una delusione sia per gli aficionados dei film anni Ottanta che per la critica. Legacy invece, oltre ad alcuni grandi ritorni, rinverdisce i fasti del passato con rispetto filologico e al contempo reinvenzioni spiazzanti (la rivitalizzazione dell’omino marshmallow, per esempio, è semplicemente magnifica).

 

 

È inevitabile fare uno spoiler almeno parziale per parlarne davvero, per cui potete fermarvi qui, se preferite non sapere assolutamente nulla di quel che accade nel film. Il dottor Egon Spangler (il compianto Harold Ramis) è scomparso da tempo. Alla morte dello scienziato, la figlia Callie (Carrie Coon) eredita una casa fatiscente e un appezzamento di terra nella campagna sperduta dell’Oklahoma. I figli della donna, Phoebe (Mckenna Grace) e Travor (Finn Wolfhard di Strangers Things), tra cantina e garage, troveranno gli attrezzi da lavoro dell’ex acchiappafantasmi e al contempo saranno minacciati da presenze malefiche… Il modo in cui Jason Reitman (Juno, Up in the Air) reinventa i personaggi e le creature di papà Ivan è al contempo fedele e originale. Reitman Senior pare fosse comunque sul set tutti i giorni e Jason ha ironizzato: «Immaginate vostro padre che vi segue al lavoro, si siede dietro di voi e vi dà indicazioni ogni santo giorno… è andata più o meno così!». In particolare, commuove il modo in cui, con estremo pudore, vengono riportati in vita – grazie al digitale – il volto e il corpo di Spangler/Ramis. Si tratta di un fantasma digitale che, emblematicamente, non parla, è come muto (nella tradizione ebraica la nefeš – a volte tradotto impropriamente con “anima” – è letteralmente la gola o il collo…). Lo spirito del film è quello originale della commedia fantahorror per tutti, dove si ride o si sorride, ma l’apparizione di Ramis è un’emozione forte per chiunque voglia bene al suo cinema immortale, inventivo e mai ordinario, da National Lampoon’s Vacation a Ricomincio da capo, da Mi sdoppio in 4 fino all’ideazione, insieme a Retiman Senior, degli stessi Acchiappafantasmi. Il suo corpo digitale è un fantasma che appare per la prima e ultima volta. C’è da scommettere, invece, che la saga continuerà…
P.S. Non venite via prima degli ultimi titoli di coda!