Finzione e realtà in The Queen of Spain di Fernando Trueba su Prime Video

Sequel di La niña dei tuoi sogni (1998), The Queen of Spain si configura come un film di denuncia nei confronti del regime franchista, sebbene l’attenzione si concentri anche sulla “macchina cinema” offrendo lo spunto per una riflessione sul suo ruolo e la sua funzione alla luce del contesto storico. Si tratta, in fondo, della storia del salvataggio del regista spagnolo Blas Fontiveros (Antonio Resines), amico di Macarena (Penélope Cruz) – star hollywoodiana chiamata a interpretare Isabella di Castiglia nel biopic che si sta girando a Madrid -, e degli altri membri della troupe, costretto ai lavori forzati alla stregua dei prigionieri politici. La pellicola di Trueba mira a far emergere il controllo dittatoriale oltre che sulle persone sui mezzi di comunicazione, in particolare sul cinema, ritenuto lo strumento più adeguato per attuare una sistematica e quanto mai efficace campagna propagandistica. Così la realizzazione del film sulla sovrana spagnola – la cui figura è appositamente modificata per adattarsi alle esigenze del regime – è funzionale a evidenziare problematiche e punti critici di natura politica – come la condizione dei prigionieri di guerra, la lotta dei ribelli, la censura, il maccartismo e la lista nera, la stigmatizzazione dell’omosessualità, il confronto tra lo stile di vita americano e quello spagnolo/europeo, alla fine non così diversi se non in apparenza – volutamente nascosti e oggetto di conversazioni animate tra i membri del cast durante la pausa pranzo. Pertanto, parallelamente al disvelamento dei meccanismi alla base della realizzazione di un film, vengono portati alla luce anche quelli che sostanziano e sorreggono la sanguinaria dittatura di Franco, ugualmente caratterizzata da segreti e “trucchi”. La stessa regina Isabella, in questo senso, serve a smascherare le ipocrisie e le falsità della dittatura, poiché snaturata e rivalutata positivamente dal dittatore (con cui pare intrattenere un inquietante rapporto di analogia, sia per i metodi sia per le prospettive di potere), e dipinta come una santa in netto contrasto con la sua reale natura di sovrana inflessibile e intransigente.

 

 

La storia narrata, pur non distinguendosi per particolare originalità, è sostenuta da una sceneggiatura brillante, ironica e ben costruita nella sua semplicità, che conferisce vitalità e ritmo a un intreccio mai appesantito da disquisizioni impegnative, ma al contrario alquanto equilibrato per dare il giusto spazio ai diversi elementi e scenari. Così momenti che risulterebbero piuttosto drammatici per dinamiche e tematiche, appaiono edulcorati grazie al tono utilizzato dai personaggi in scena. Di alto valore lirico la colonna sonora che avvolge l’intera vicenda in un’aura quasi magica appartenente a un vago tempo lontano, passato e in quanto tale particolarmente affascinante. Da questo punto di vista risulta di incantevole grazia la performance canora di Macarena nelle vesti di Isabella alla vigilia della presa di Granada, per cui la regina riserva un grande interesse che si avvicina a una peculiare forma di amore e attrazione. La stessa percepita, paradossalmente, dai membri del cast e della troupe nei confronti della protagonista resa credibile dall’innata sensualità di Penélope Cruz che infonde vitalità, profonda umanità e passione a due personaggi nello stesso momento. A questo proposito, l’epilogo con il salvataggio di Blas comporta una significativa inversione dei ruoli, in quanto Macarena, travestita da cavaliere cristiano, si rende responsabile della fuga del vecchio amico, che la vera sovrana mai avrebbe permesso nella realtà.

 

 

Trueba non rinuncia alla satira come dimostra la scena in cui lo stesso Franco giunge sul set per incontrare la troupe e visionare le riprese: il Generalissimo, scortato da un numero eccessivo di guardie, viene dipinto come un ometto baffuto dalla voce acuta, stridente e fastidiosa, che non fa che ridicolizzare ulteriormente la sua figura già minata da sarcastici commenti («Siamo sopravvissuti a Hitler che era un protagonista, non sopportiamo una foto e un saluto con questo che è una comparsa?»). In questo momento avviene il fatidico incontro tra il dittatore e la Cattolica, ma non con un confronto sulla base delle comunanze e delle evidenti analogie tra i due, bensì attraverso una forte opposizione reciproca (anche perché Franco si era reso responsabile della morte del padre di Macarena). Di fatto, la vera “reina de España” è Macarena che, in ultima istanza, è l’unica ad avere il coraggio di tenere testa al generale, mostrando orgoglio, presa di posizione e netta superiorità e, dunque, una naturale nobiltà (reale, appunto) nei confronti di un uomo di tale bassezza da non essere in grado di controbattere. La finzione si mescola efficacemente alla realtà, confondendosi con essa e permettendo solo ora all’attrice di immedesimarsi in modo più autentico con il personaggio, rivalutato ma su basi diverse da quelle del regime e a scapito delle stesse finalità coercitive e manipolative di quest’ultimo. Ed è proprio sul primo piano della vera regina Macarena, finalmente libera e fiera dopo aver affermato la propria indipendenza prima di tutto di opinione, che il film può chiudersi.