Hong Kong brucia: a Rotterdam2023, If We Burn di James Leong e Lynn Lee

Più di quattro ore di documentario in presa diretta su Hong Kong e sulle proteste del suo popolo per mantenere un criterio di indipendenza dalla cosiddetta madrepatria Cinese: è la versione definitiva di If We Burn, documentario fiume di James Leong e Lynn Lee che torna a Rotterdam 2023 (sezione Harbour), dove era stato presentato nel 2020 come work in progress. Materia incandescente che brucia insieme alla determinazione della popolazione honkonghese di garantire quel criterio di latente autonomia basato sul principio “un paese, due sistemi” regolato dalla carta costituzionale su cui poggia l’equilibrio tra la Cina continentale e Hong Kong. James Leong e Lynn Lee hanno seguito le proteste che dal 2019 al 2020 hanno segnato il paese, riprendendo la Rivoluzione degli ombrelli, che nel 2014 si era levata per richiedere il suffragio universale, e spingendola in avanti, con la forza di una partecipazione di massa, per bloccare la legge sull’estradizione in Cina, che avrebbe scalfito l’indipendenza del sistema giuridico rispetto alla madrepatria.

 

 

If We Burn ha la forma del documento flagrante prima ancora che del documentario, tiene insieme un criterio di presa diretta che si occupa prima di tutto di testimoniare le azioni e le reazioni, le voci e il fragore, piuttosto che ordinare gli eventi e darne un quadro organico. Materia pulsante, cinema embedded per così dire, che utilizza anche le immagini degli innumerevoli operatori presenti sulle scene delle proteste: corpo a corpo tra la massa della protesta che avanza contro il muro della polizia, difendendosi dietro le transenne che avrebbero dovuto contenerla e proteggendosi dietro il simbolo degli ombrelli, aperti per difendersi dai lacrimogeni. L’intensità dell’approccio è frutto dello sguardo limpidamente engagè degli autori, che non evitano di soffermarsi ad ascoltare le mediazioni in campo, ma nemmeno di testimoniare le violenze subite dai manifestanti da una polizia troppo attiva e dalle bande di gangster chiamate proditoriamente a supporto del sistema. Molti volti in azione sono pixellati per evitare conseguenze giudiziarie, ma le azioni sono mostrate sino in fondo e le voci ascoltate.
L’effetto sorprendente di tutto questo è però la capacità di If We Burn di tenere un filo drammatico alto e costante, che nell’arco dei 260 minuti attraversa l’azione pura, il dramma, la rabbia e le lacrime, la violenza e la solidarietà. Come nella lunga sequenza dell’occupazione del Congresso Nazionale del Popolo, ovvero il palazzo del governo, con lo scontro di posizioni tra gli occupanti che non intendono andarsene e la maggioranza dei manifestanti che non li vuole lasciare per evitare altre vittime delle forze speciali della polizia. O come quella dell’attacco ai manifestanti intenti a rientrare a casa, da parte di una banda di gangster in maglia bianca, nella stazione della metropolitana. C’è la passione del popolo che difende la propria democrazia, ci sono le lacrime dei giovani che piangono i loro compagni morti, c’è il dibattito tra i moderati e gli oltranzisti nel vivo della protesta e degli scontri con la polizia. Non è cinema in cui conta l’approccio filmico, quello di James Leong e Lynn Lee (i volti pixellati, il sottofondo musicale che sorregge alcuni momenti, certe didascalie troppo televisive…), ma If We Burn è sicuramente la prova che il cinema sa ancora essere presente, flagrante, dinamico rispetto al valore della testimonianza.

 

La pagina del film sul sito di Rotterdam 2023