I tuttofare di Neus Ballùs e l’integrazione idraulica

È una storia di generazioni a confronto quella che la regista catalana Neus Ballùs racconta nell’esilarante commedia I tuttofare (Seis días corrientes) che, dopo aver vinto l’Europa Cinema Label a Locarno 2021 (dove sono stati premiati per l’interpretazione anche i due bravissimi protagonisti), approda nelle nostre sale. Ma è anche una storia che parla del mondo in cui viviamo, di lavoro, di integrazione, di tolleranza, di solitudine e che riesce a mantenere con sapienza un giusto equilibrio tra lo spaccato sociale, l’ironia, la critica. Come ha rivelato la stessa Ballùs in un’intervista a El País: «Volevo parlare dei pregiudizi che mettiamo in atto e ci fanno giudicare qualcuno a prima vista. Mio padre è idraulico e mi raccontava molte delle situazioni che viveva ogni giorno. Attraverso i suoi racconti mi sono resa conto che, in determinate circostanze, in incontri molto brevi e intensi come i suoi, alcuni pregiudizi sono utili perché fanno risparmiare tempo. Con una casalinga si parla in un certo modo e con un anziano in un altro, mi spiegava. Però questo risparmio di energia ci ha portato all’assenza della relazione tra persone diverse».  

 

 

I sei giorni a cui fa riferimento il titolo originale sono quelli della “settimana” di prova di Moha (Mohammed Mellali), trentenne marocchino che fa di tutto per integrarsi nella sua nuova città, Barcellona, e che, pur parlando già correntemente il catalano lo studia, con tanto di esame previsto per il sabato, suscitando la derisione dei suoi due coinquilini che non capiscono i suoi sforzi per essere accettato che, a detta loro, non serviranno a nulla. Moha ha risposto a un annuncio per lavorare come idraulico/tuttofare in una piccola ditta. Qui si scontra fin da subito con Valero (il magistrale Valero Escolar), uomo di mezz’età sovrappeso, costantemente a dieta, dall’eloquio inarrestabile, che fatica ad accettare l’arrivo in squadra di un marocchino e gli rende la vita impossibile (nella prima parte del film lo chiama “el figura”, ovvero “il fenomeno”, e si rivolge a lui solo per interposta persona) avendo decretato, fin dal primo incontro, che non sarà lui la persona adatta a sostituire Pep (Pep Sarrà), l’anziano della squadra, ormai prossimo alla pensione. Pep rappresenta invece l’artigiano con la A maiuscola che prende a cuore il suo mestiere facendolo al meglio e inveisce contro i lavori fatti mali finendo in ospedale con una slogatura alla spalla dopo un’accesa discussione con alcuni muratori responsabili di aver costruito senza criterio un muro.

 

 

Scandito in sei capitoli, dal lunedì al sabato, nei primi giorni ci fa entrare in tipologie di case differenti, viste dall’esterno e dall’interno. È in queste occasioni che Moha, sorta di voce narrante e coscienza critica, può affermare di «osservare le persone senza nascondermi grazie al mio lavoro» e di entrare in relazione con i clienti più disparati: l’anziano salutista che gli insegna i segreti per vivere a lungo, la fotografa pubblicitaria che gli chiede di posare per lei, le due ragazzine pestifere a casa con il fratello maggiore… Nella seconda parte della settimana il divario tra Moha e Valero sembra insanabile tanto che i due finiscono per parlarne al terapista di coppia a cui hanno installato le videocamere: «Non siamo compatibili», rivela Valero; «Con te non vado d’accordo», ribatte Moha, «mi hai trattato male dal primo giorno». Ma poi arriva il sabato…A metà strada tra il documentario – gli attori, tutti non professionisti e idraulici nella vita di ogni giorno, mantengono il loro vero nome nel film – e la finzione, I tuttofare affronta importanti temi sociali senza sfociare nel dramma, mantenendo un tono lieve, ironico, a tratti caustico, che lascia il segno.