Il cadavere e il suo compare: in viaggio con Easy di Andrea Magnani

Cadavere e compari di viaggio. C’è Isidoro, Nicola Nocella: dolce e corpulento e lento, in realtà un tempo veloce assai, campione di go-kart addirittura attenzionato dalla formula uno, poi bloccatosi ad un passo dal traguardo e da allora perso in se stesso, sotto lo stesso tetto di mamma Barbara Bouchet. E c’è Filo, il fratello più furbo, Libero De Rienzo: dolce e scaltro e svelto, palazzinaro di provincia con debiti e un cadavere di troppo, quello di un suo operaio ucraino, ovviamente irregolare, caduto dall’alto del cantiere e ora steso orizzontale in una bara, da riportare a casa. Un viaggio facile facile, dice Andrea Magnani, che scrive e dirige questa opera prima in sospensione su tempo, spazi, vite: lo schema è quello dell’on the road bloccato nella dimensione interiore del protagonista e trasformato in un’avventura alla ricerca di se stessi. Protagonista Isidoro, incaricato dal fratello di portare quella bara all’Est, nei Carpazi. Coprotagonista quel corpo morto che Isidoro si porta dietro, fermo immagine del suo stesso tempo interrotto per chissà quale frattura interiore, quale paura non superata. L’on the road ovviamente si trasforma in un detour che svicola dalla retta via tracciata dal fratello sul navigatore che parla con gentil voce elettronica. Il ricalcolo incombe come una liberazione e il film si spinge nel fuori strada della riconquista di se stesso da parte di Isidoro.

 

Il cadavere, compare di viaggio, ne passerà altrettante di avventure, manco fosse il chitarrista stecchito sul tetto dell’auto dei Leningrad Cowboys di Kaurismaki. Ma il cinema ci insegna da sempre che l’incombenza del corpo morto nel testo filmico è lo squarcio nel tempo interiore dell’eroe, destinato a confrontarsi con la propria inconclusione, con lo starter incantato dei propri eventi. Magnani cerca la strada della commedia in sospensione, ripensando una certa tradizione anni ’80 nel format gradito ai vari pitching cui oggi i progetti in cerca di realizzazione e approvazione devono sottostare. L’anestesia dello stile è lo scotto da pagare, mentre lo sconto si calcola sulla quota del transito nelle location in coproduzione: questi Carpazi in po’ sagomati nelle figure simpaticamente indifferenti, nelle bevute forzate, nei villaggi di contadini in abiti quasi folkloristici, lasciano in bocca la sensazione dell’occasione smarrita, più che persa. Sarebbe stato bello se Andrea Magnani avesse scelto una strada meno stilizzata e più autentica, cercando il vero confronto con lo spazio vero e con le persone autentiche. Ma il film vive piuttosto dei suoi personaggi e cerca lo scambio di battute nella comicità trattenuta. Buon per lui che in scena ci sia soprattutto Nicola Nocella, che sa dare verità e umanità alle figure che incarna.