Il richiamo della foresta. Wolfwalkers – Il popolo dei lupi di Tomm Moore e Ross Stewart su Apple TV+

Tomm Moore ha una fiducia cieca nei confronti dell’animazione. I suoi disegni hanno una funzione quasi salvifica, divina, agli occhi del regista che in essi ripone tutta la potenza e la forza dei suoi progetti. Nei suoi film la forma non è solamente un mezzo espressivo ma il vero motore narrativo. Le tavole del regista sono pesanti, spesse, squadrate. Le intuizioni non si contano e i suoi lavori spesso somiglino a uno storyboard animato, a una graphic novel. Il cinema di Moore non è un cinema di animazione ma di illustrazione dove ogni singolo dettaglio conta. Questo perché, secondo l’autore, il cinema di animazione è qualcosa di tattile, di concreto. Qualcosa che si crea fisicamente con carta e penna, non tramite il freddo calcolo di un processore informatico. In Wolfwalkers – Il popolo dei lupi ritroviamo tutte queste caratteristiche, unitamente alle tematiche fondanti che hanno reso riconoscibili i progetti di Cartoon Saloon in tutto il mondo. Siamo a Kilkenny, alla metà del diciasettesimo secolo, quando l’Irlanda era governata dall’Inghilterra. Per mantenere il controllo in città, un ufficiale militare deve provvedere a eliminare il branco di lupi che minaccia il lavoro di contadini e agricoltori. Il folklore irlandese è sempre la base di partenza del progetto, diventando il comune denominatore per forma e contenuto.

 

 

Wolfwalkers mette infatti al centro del suo percorso il confine, il limite, la linea di separazione. Inghilterra e Irlanda, civiltà e natura, città sicure e boschi pericolosi sono mondi distanti che possono essere coabitati solamente grazie alla magia (che si tratti di una trasformazione fatata o di un sentimento solidale poco cambia). Così, altri confini, altri universi vengono rappresentati: sogno e veglia, amore e protezione, obbedienza e resistenza. Il tutto veicolato esteticamente da un disegno tradizionale composto, appunto, da linee. Per unire i due mondi, per camminare (walkers) in equilibrio sul tratto sottile che li separa, non resta che farsi carico di una buona dose di coraggio: nella sfera pubblica per ribellarsi agli ordini imposti a difesa di una comunità (non un caso che il villain si chiami Lord Protector), in quella privata per lasciare che i più giovani prendano le distanze da chi li precede. Così, dopo aver raccontato l’assenza dell’amore materno in La canzone del mare, Moore ora tematizza l’invadenza dell’amore paterno, che si tratti di un padre di famiglia, di un ufficiale pubblico o di una divinità alla quale rendere conto (a tal proposito, memorabile la sequenza del congedo dell’antagonista, uno dei momenti più tragici dell’animazione contemporanea). Solamente chi avrà il coraggio di inseguire un sogno (come capita alla protagonista che, una volta addormentata, si trasforma in un lupo libero di poter evadere dalla città) sarà veramente libero: libero da un regime, libero di crescere, libero di scegliere a quale branco, pardon famiglia, appartenere.