Il ritorno dell’animazione “adulta”: Soul di Pete Docter su Disney+

Il jazz, l’anima (fin dal titolo), la vita, la morte e altre “sciocchezze”: il piacere di una fetta di pizza, una foglia che ti cade sulla mano, bagnarti i piedi nudi sul bagnasciuga, assaporare un lecca lecca…Disney/Pixar realizza uno dei suoi migliori film dell’epoca recente. Nel solco di Wall-E, Up, Coco, tesse un formidabile mosaico animato, in cui s’intrecciano perfettamente elementi per il pubblico infantile e per il pubblico adulto. L’amarezza sempre stemperata dal sorriso, la comicità mai troppo facile o di pancia o ammiccante, come spesso accade nell’animazione per “piccoli” (o presunti tali). Soul apre oggi la Festa del Cinema di Roma. Arriva sul grande schermo, ma purtroppo non avrà poi la prevista uscita cinematografica . È dunque ancora più imperdibile alla Festa di Roma, cogliendo l’occasione di gustarlo nella sua dimensione migliore. Soul è infatti puro Cinema, o pura Musica per gli occhi. Tra aldilà e aldiqua, cielo e terra, vita e morte (che pare quasi non esistere). Narra la storia di Joe, pianista jazz fallito, che si guadagna da vivere come maestro di musica fra ragazzini svogliati e annoiati (salvo eccezioni al trombone…). Insegna scale e solfeggio, vorrebbe insegnare il “cuore”, ma quello probabilmente o ce l’hai o non ce l’hai. Probabilmente…Nello stesso giorno gli viene offerto un lavoro a tempo pieno come maestro e una serata all’Half Note di New York – locale jazz leggendario, che nella realtà non esiste più – come accompagnatore nel quartetto della sassofonista Dorothea. Joe però è talmente distratto che sulla via di casa muore in un incidente. La sua anima è tanto attaccata all’“occasione della vita”, che riuscirà a fuggire dal Grande Aldilà per cercare di suonare, almeno una sera, con Dorothea…Ad aiutarlo ci sarà l’anima di una ragazzina ribelle, cinica, un po’ nichilista, che non ha nessuna voglia di nascere e pare abbia poca predisposizione alla vita (ha fatto andare fuori di testa tutte le anime di “mentori” illustri, luminosi e di pace come Gandhi e Madre Teresa di Calcutta).

 

 

Il primo lungometraggio Pixar con un protagonista black è una meraviglia per i sensi (occhi, orecchi, cuore). Impregnato di ritmo, cultura afroamericana, newyorkesità, cantine jazz e spartiti che possono andare in frantumi nel nome del soul e dell’improvvisazione più sentita. Il musicista che realizza un vero assolo, non solo di tecnica, si ritrova a fluttuare letteralmente in una bolla sospesa tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Trascende ogni cosa. Il pericolo è restare poi imprigionati nella propria bolla. Bisogna imparare anche l’arte di tornare con i piedi per terra…Del precedente Inside Out, Soul ha alcuni elementi iconografici, la forma delle anime ricorda quelle delle emozioni. Visivamente sa sorprendere oscillando tra arte Pixar e forme astratte da arte contemporanea (le figure “angeliche” quasi cubiste, mentre un “burocrate” del Paradiso pare la Linea di Cavandoli). Come in Up e Coco, il film di Pete Docter si confronta con il tema “inaffrontabile” (per le leggi commerciali del cartoon) della morte. Lo fa in maniera “leggera”, vitale, divertente e, solo a tratti, lievemente malinconica. Sa fermarsi sempre un attimo prima di scadere nel mieloso o nello stucchevole. Mette anche a fuoco l’idea erronea secondo cui la nostra anima coinciderebbe con le passioni e la scintilla di vita con la predisposizione a saper fare qualcosa. Per quanto le passioni ci tengano in vita, non tutti trovano un senso chiudendosi nella propria bolla di arte e piacere. Soul non ha pretese didattiche o di insegnare quel che non sappiamo o che non si “vede”. Ambisce piuttosto – con successo – a cogliere come non sempre dovremmo credere solo a quello che vediamo. Infine, al di là del titolo, è un’opera indubbiamente con tantissimo soul.