Parte da presupposti molto più lievi di Ballad of a White Cow, il precedente film della coppia di registi iraniani Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha (uscito in mezzo mondo fuorché l’Italia…), ma anche questo loro nuovo lavoro ha un risvolto terribilmente amaro. Tant’è che My Favourite Cake è giunto in Concorso alla Berlinale74 orfano dei suoi autori, trattenuti in patria dalle autorità e attualmente in attesa di giudizio, come fermamente denunciato dal festival alla vigilia. Il film è una commedia sentimentale, o forse un dramma, di sicuro un breve incontro all’iraniana: la protagonista è Mahin, una settantenne di Teheran, vedova da anni e condannata alla solitudine in una società in cui per le donne non c’è la possibilità di rifarsi una vita autonomamente. Le sue giornate sono fatte di insonnia, telefonate della figlia che vive con marito e nipotini all’estero, corse al mercato per fare la spesa, qualche cena con le amiche, rigorosamente a casa per poter gioire serenamente del tempo insieme, magari ricordando con nostalgia gli anni prima della rivoluzione, che hanno fatto in tempo a vedere.
Sarà per questo che Mahin e le sue amiche mantengono una dignità e una sicurezza nei comportamenti che le rende quasi fuori tempo rispetto all’Iran contemporaneo, come se fosse restata loro addosso la libertà e la modernità di un mondo più equilibrato. Nonostante il peso dei loro anni, queste signore sembrano molto più vitali e determinate di tante giovani donne iraniane che incrociano per strada, costrette a tenere la testa bassa. Forse sono più vicine a quelle ragazze che sfidano per puro bisogno di vivere le autorità, come quella che sta per essere portata via dalla polizia morale perché non veste propriamente il velo, in soccorso della quale interviene Mahin salvandola da un inevitabile e pericoloso arresto. La stessa necessità di vivere che la spinge a cercare qualcuno con cui condividere la sua solitudine: seguendo il consiglio e l’esempio di alcune amiche, Mahin prende infatti a frequentare locali dove passano il tempo gli anziani signori, cercando di farsi notare, ma senza troppa fortuna. Sino a quando non punta un anziano tassista che, solo come lei, accetta di accompagnarla a casa e di fermarsi a cena da lei. Ne viene fuori una serata di gioia, sentimenti, ricordi, promesse di futuro felice insieme, che però dovrà fare i conti con il destino, che ha in serbo la sua mossa…
Semplice e immediato nel suo messaggio, My Favourite Cake è una parabola sul posto dell’amore e dei sentimenti, diciamo anche e soprattutto della felicità, nella società iraniana contemporanea. Moghaddam e Sanaeeha costruiscono una commedia in cui anche solo gli elementi rappresentati sono una denuncia e un atto di ribellione al codice morale iraniano: la musica, il buon vino, una chioma di capelli femminili, una modesta serata d’amore, la danza… Al film manca la complessità dei risvolti morali che segnava Ballad of a White Cow, in cui si parlava di giustizia, esecuzioni capitali, giudici che sbagliano. Ma forse proprio per questo il film lascia un senso di amarezza ancora più forte: qui la complessità drammatica proviene proprio dal senso di leggerezza che promana da questa semplice storia e dalla presa d’atto che è proprio quella lievità del vivere, quella felicità a fare paura alle autorità e a essere condannata. La svolta finale, allora, rappresenta una sentenza senza appello contro il mondo iraniano d’oggi, alla quale solo il popolo deve opporsi se non vuole seppellire per sempre il diritto alla felicità.