Imitation of Life: su RaiPlay Stringimi forte di Mathieu Amalric

“Una donna che non vive la vita ma la racconta con tale potenza da finire col crederci, come tutti quelli che le stanno attorno”, diceva un personaggio a proposito della cantante Barbara nel film che Mathieu Amalric ha dedicato alla cantante francese nel 2018. Ma la descrizione bene si adatterebbe all’intensa protagonista del suo nuovo film Stringimi forte, storia ispirata alla piéce teatrale di Claudine Galea Je reviens de loin e interpretata da una ispiratissima Vicky Krieps. Doppio ruolo, il suo, in un film ugualmente doppio, che teorizza lo scivolamento tra i piani narrativi e codifica l’annullamento del vero a favore dell’immaginazione. Clarisse, una mattina si alza presto e se ne va di casa, lasciando dormire i due figli e il marito. Vuole arrivare al mare, quindi procede senza guardarsi indietro, mentre alle sue spalle la vita va avanti tra la scuola, i giochi e il pianoforte sempre presente a creare una linea musicale interna, che si intreccia a quella, ugualmente incessante, in cui il film si raggomitola: Bach, Beethoven Mozart, Rachmaninov. E intanto i due piani narrativi si intrecciano e i personaggi si muovono con la consistenza di fantasmi o di ipotesi dell’immaginazione. Facciamo un gioco, ripartiamo dal principio, ma sparigliando le carte e procedendo per frammenti talmente brevi da diventare imprendibili.

 

 

Cellule autonome di una vita scomposta, proprio per amor di vita. Questa la struttura di Stringimi forte, distribuito da Movies Inspired e presentato lo scorso anno a Cannes. Ottavo film da regista di Mathieu Amalric, star del cinema internazionale, che, come interprete, ha saputo sperimentare i ruoli più diversi, tra cinema di genere e cinema d’autore, e che come regista porta avanti un progetto raffinato e personale, filmando con sguardo intimo e raccolto storie che toccano per intensità e invenzione. Stringimi forte è l’esempio più brillante di un cinema che, come per Barbara, enuncia al tempo stesso presenza e assenza, andando in profondità sempre, cercando con rigore ogni dettaglio capace di suggerire prima di tutto sensazioni che si affastellano nella mente e nel corpo della giovane protagonista. Tutto è evanescente e immanente, sospeso, ma anche fisico e la frammentazione del racconto rappresenta la leva necessaria a determinare l’andamento imprevedibile di un doppio processo di costruzione, che è anche demolizione di un edificio narrativo fatto di frammenti. Difficile descrivere Stringimi forte senza violare un tacito patto, senza svelare il momento in cui il film ricomincia e quei frammenti di cui si diceva si riposizionano secondo un diverso ordine necessario e dolente. Basti sapere che la complicità tra ciò che si vede e ciò che resta in ombra è motore centrale di un discorso profondo di comprensione e riappropriazione, che lo spettatore vive in seconda battuta, come se da quel nucleo centrale che è la storia di Clarisse si disperdessero onde, come i cerchi dell’acqua che si espandono e nel loro disperdersi velocemente racontano i mille strati di una storia misteriosa e dissimulata, che contiene un segreto e una fuga.