Japan 1984 – 7 Betacam Tapes, presto on line i documentari di Antonioni

344Belligerent Eyes | 5K Confinement, un progetto di ricerca sulla produzione contemporanea di immagini accolto negli spazi di Ca’ Corner della Regina, sede della Fondazione Prada a Venezia, presenta Japan 1984 – 7 Betacam Tapes, dal 25 agosto al 2 settembre 2016. Ideato da Luigi Alberto Cippini e Giovanni Fantoni Modena e curato da Stefano Francia di Celle e Marzia Marzorati, in stretta collaborazione con Enrica Fico Antonioni, Japan 1984 – 7 Betacam Tapes riunisce materiali video inediti realizzati da Michelangelo ed Enrica Antonioni. Dal 25 agosto al 2 settembre 2016 in esclusiva sul sito web di “Belligerent Eyes” (www.belligerenteyes.com) sarà visibile, in  un’apposita piattaforma di streaming, una serie di documentari, girati dalla coppia di registi in diverse località giapponesi negli anni Ottanta, che raccontano le trasformazioni delle realtà sociali in corso sul territorio nipponico attraverso l’uso sperimentale di nuove tecnologie.

 

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Il progetto è nato dalla visione di un’intervista televisiva rilasciata da Michelangelo Antonioni a Gian Luigi Rondi nel 1985, nel corso della quale il regista fa riferimento a una visita a scopo di ricerca nella fabbrica di telecamere Sony. Antonioni ritorna in una fabbrica dopo Deserto Rosso e si ritrova in un ambiente industriale completamente rinnovato e irriconoscibile. Il rapporto duale tra la produzione di tecnologie visuali e gli spazi industriali che ne celano le linee di fabbricazione, rappresenta il fulcr34o di una ricerca volta ad approfondire il confronto tra il regista e lo sviluppo tecnologico. Il materiale che verrà mostrato consiste in sette cassette Betacam. Durante il loro pernottamento al Grand Prince Hotel Akasaka, Michelangelo ed Enrica Antonioni ricevono un nuovo modello di telecamera: la Betacam. L’inedito formato elettronico registra la sintesi tra le percezioni dei registi e la realtà sociale e urbana del Giappone. Il materiale, girato in maniera spontanea e informale, diviene l’oggetto di un documentario dal titolo Un viaggio in Giappone, ridotto poi a Un po’ di Giappone (1990), a causa dei tagli richiesti dalla produzione. Durante il loro viaggio l’attenzione dei registi è principalmente focalizzata sul confronto tra i momenti identitari e liberi della nuova generazione in contrasto con lo stretto e rigido controllo delle realtà ufficiali. Le sottoculture, le influenze giovanili legate al rockabilly e al punk, la forte assuefazione causata da strategie di marketing sempre più martellanti e i punti di ritrovo caratterizzati da giochi come il pachinko sono ripresi e analizzati dalla coppia di registi. Il viaggio si trasforma, quindi, in un momento di ricerca etnografica, relegando l’ansia sperimentale e tecnologica dei registi nelle brevi e inedite inquadrature all’interno della fabbrica Sony. Durante la visita alla multinazionale l’ambiente di produzione viene ripreso asetticamente. Uno spazio illuminato da una serie di neon è popolato da operai specializzati in capi di lavoro neutri che adempiono alle loro mansioni con precisione chirurgica, circondati da schermi e apparecchiature elettroniche, istantaneamente trasformati in modelli e strumenti di influenza estetica.