Pochi sono stati in grado di sintetizzare in un unico gesto il vissuto psicofisico dei mesi di lockdown, in una maniera che fosse efficace e credibile, rendendo quel gesto qualcosa di leggibile per i posteri. In Italia forse solo Nico Vascellari con Do you trust me?, discussa performance di 24 ore durante la quale l’artista veneto, in diretta dal suo studio nell’ultimo giorno di Fase1, ha ripetuto ininterrottamente la frase I trusted you, ricontestualizzando un’esibizione del 1977 del comico Andy Kaufman. A distanza di diversi mesi, invece, esce in esclusiva su Mubi l’ultimo cortometraggio del regista inglese Jonathan Glazer, Strasbourg 1518 (2020), che con la performance di Vascellari ha in comune, visivamente, lo stagliarsi di una figura isolata nel vuoto di pareti bianche intenta a ripetere pattern gestuali in una sorta di dimensione ritualistica collettiva. Nel film di Glazer una ballerina solitaria inizia a muoversi, in piedi nell’angolo di una stanza. Altri si uniscono a lei, ciascuno nel proprio spazio ristretto, in diversi paesi del mondo, bloccati in schemi ripetitivi, in movimenti allo stesso tempo provocatori e disperati. Collassano e si rialzano. Collassano e si rialzano. Ballano senza sosta, come avvenne nella città francese di Strasburgo, che nel 1518 venne colpita da una singolare epidemia che tenne per tre mesi i suoi abitanti prigionieri nei loro corpi danzanti.
In un’atmosfera che oscilla tra libertà di espressione e restrizione spaziale, per dieci minuti gli spettatori osservano i corpi degli attori prendere vita in modo frenetico sulle note di una techno esplosiva firmata Mica Levi, già autore della colonna sonora dell’ultimo lungometraggio di Glazer, Under The Skin (2013). Il regista inglese ha fatto proprie le parole di Pina Bausch – Danziamo, danziamo, altrimenti siamo perduti! – utilizzando la danza come mezzo catartico, consentendo l’espressione di sentimenti contraddittori come quelli vissuti durante i mesi di lockdown: i movimenti frenetici ed estesi dei ballerini esplodono contro pareti, soffitti e pavimenti, contro quella sensazione di reclusione causata da un orizzonte spaziale claustrofobico. Che il registra britannico fosse dotato di un’ottima capacità di condensazione narrativa risultava evidente già negli anni ‘90, con videoclip come Street Spirit (Fade out) (1996) e Karma Police (1997) dei Radiohead, dai quali emerge chiaramente il gusto di mettere a fuoco figure umane che affiorano dal buio. Ma Strasbourg 1518 è anche uno straordinario esempio di come Glazer sia in grado di sintetizzare in pochi minuti l’intensità di un sentimento collettivo che attraversa un’epoca. Ed è su questa linea creativa che si muove a partire dalla prima produzione dopo Under The Skin, con un altro cortometraggio, The Fall (2019), attraverso il quale in pochissimi minuti riesce a dipingere tutto l’orrore delle neonate tendenze totalitarie di questo inizio millennio: in una foresta un gruppo di figure mascherate circonda una vittima umana, anch’essa mascherata, che si rifugia su un albero. Con un cappio al collo, attaccato a una corda lunghissima, è costretta a posare per un selfie stile trofeo di caccia e poi gettata in un pozzo profondo.
I suoi aguzzini guardano nell’abisso, poi si allontanano e danzano soddisfatti. Ma l’uomo è riuscito ad aggrapparsi alle pareti della fossa e ad arrestare la caduta. Lentamente risale. Immagini sorprendenti e inquietanti, volti sinistri e impassibili, il tremolio dell’albero e il lungo, implacabile gemito della corda che cade nel vuoto. Un haiku orrorifico il cui fulcro è quel macabro selfie che prende ispirazione dalle foto scattate dai suprematisti bianchi durante i linciaggi nel sud degli Stati Uniti tra fine Ottocento e metà del Novecento, o, ancor più puntualmente, da una foto dei figli di Donald Trump che sorridono cingendo un leopardo morto. Anno 2012. La banalità del male nell’era di Instagram. La caduta della società civile in uno spasmo di bullismo e paranoia, di insoddisfazione, rabbia e crudeltà polarizzate dai social media nel mondo reale. (Anche The Fall è disponibile nella videoteca di Mubi come distribuzione esclusiva).