La dolce ala della solidarietà: Foglie al vento di Aki Kaurismaki

Sembra sempre più la dolce astrazione di se stesso, il cinema di Aki Kaurismaki, così spinto nella rarefazione ideale della sua visione del mondo. Eppure alla fine resta il cinema più concreto, reale, vero che si è potuto vedere in un festival come Cannes76: Foglie al vento (che ha vinto il Gran Premio della Giuria) è una fiaba chapliniana ovviamente proletaria, ovviamente sbozzata sulle funzioni narrative e figurative, ovviamente dolce, languida, triste e felice allo stesso tempo… Pura materia kaurismakiana che torna a funzionare come fosse un refrain che si adora, capace a ogni ritorno di dirti qualcosa di nuovo e di autentico anche se non aggiunge troppo al tanto che ti ha già dato. Del resto Foglie al vento è un film urgente, autentico, vero, essenziale, funzionale, utile, anzi necessario.  Non finge di dimenticare che c’era una guerra in corso (che nel frattempo sono diventate due…) e si preoccupa di farne una sorta di tappeto contronarrativo continuo, che assale in sottofondo, dalla radio, il melodramma proletario con derive alcoliche che mette in scena.

 

 

Le solitudini che si incontrano questa volta sono quelle di Ansa e Holappa, dolci sagome di un vivere sociale marginale: commessa di supermarket lei, operaio metalmeccanico lui, sullo sfondo Helsinki con i suoi canali, i cantieri, le gru e le periferie disegnate con colori pastello nella luce tersa. Tenersi un lavoro sottopagato è difficile per chi, come Ansa, lascia che chi ha fame raccatti nella spazzatura cibo appena scaduto, o per chi, come Holappa, si fa beccare a bere durante il turno. La sera ci sarà sempre un pub a raccogliere stanchezza e noia, altra forma di solitudine assordata dal karaoke e da una birra: è così che i due si incontrano e si piacciono, poi si ritrovano, vanno al cinema a vedere un film di zombie (Jarmush, I morti non muoiono), si perdono, si ritrovano… Aki Kaurismaki non lascia da parte nessuno, il suo cinema accogliente insiste sulla verità introflessa dei sentimenti, persiste nel guardare in faccia il mondo dei perdenti vedendo in loro i veri eroi di una umana resistenza che non ha confini né età. Le foglie morte è la forma essenziale del cinema di Kaurismaki, ne tiene insieme gli elementi di base e li dispone sulla scena con dolcezza, quasi che l’orrore dei tempi richieda una formulazione chapliniana dell’esistere ancora più esplicita e dichiarata, in cui la semplicità degli umili diviene un valore da difendere con le armi dei sentimenti. Il mondo di Ansa e Holappa e costruito sul dolore e sulla solitudine, ma germoglia nei gesti che salvano la vita. Kaurismaki è questo: la versione ideale, astratta, puramente sentimentale del cinema di militanza e di denuncia. Cinema di solidarietà.