La forma animata della musica: Liz e l’uccellino azzurro, di Naoko Yamada

Al pari dell’introversa protagonista Mizore, che deve imparare a lasciar andare l’unica persona a cui tiene, così la visione di Liz e l’uccellino azzurro evoca emozioni tumultuose: si tratta infatti, e suo malgrado, del testamento artistico di un’epoca per Kyoto Animation, lo studio colpito dall’incendio che ha causato oltre trenta morti nello staff, avvenuto poco dopo l’uscita del film. La storia di abbandono e rinascita si carica pertanto di una connotazione nostalgica, resa ancora più violenta dall’eccellente risultato che la pellicola offre allo spettatore. Una contestualizzazione è in ogni caso opportuna: il film è infatti lo spin-off del poco noto (in Italia) ciclo di Sound! Ephonium, sorta di progetto cross-mediale nato attraverso una serie di romanzi e che poi ha generato un manga, una web serie anime e altri progetti, sempre animati. Se la storia principale ruota attorno agli studenti del club di musica in un liceo giapponese, il film si concentra invece su due personaggi minori, la già citata Mizore e l’amica Nozomi, alle prese con le prove di un brano basato sulla favola di Liz e l’uccellino azzurro (immaginaria perché creata per la finzione narrativa). Il fatto che la fiaba racconti proprio l’amicizia fra la solitaria Liz e l’uccellino antropomorfo, che infine dovrà essere lasciato andare, si riflette così nell’affetto ossessivo di Mizore per Nozomi. Chiusa e solitaria la prima, estroversa e di compagnia la seconda, le due descrivono un rapporto destinato inevitabilmente a doversi concludere con la fine della scuola e le nuove destinazioni della vita.

 

 

Il fatto che a dirigere ci sia Naoko Yamada, che già aveva raccontato un’altra bella storia di avvicinamenti e distanze nel precedente La forma della voce, permette alle sfumature del racconto di ammantarsi di una sensibilità speciale, espressa attraverso piccoli movimenti delle figure, sottili cambi di illuminazione nello sguardo e, per l’appunto, progressive distanze da colmare nei continui spostamenti fra le classi o fra le sedie del club di musica. La Yamada cerca punti di vista poco convenzionali e lavora sui tempi delle azioni, cercando una sorta di trasfigurazione dei gesti che descrivano una soggettività percettiva verso un mondo evidentemente avvertito in modo differente dai due personaggi. Il tutto corredato da un commento musicale poco enfatico, quasi minimale, ma attento a restituire la complessità emotiva del racconto e la “forma” dei sentimenti in ballo. Ma dove il film si accende letteralmente è nell’andirivieni stilistico dato dall’incontro delle tre dimensioni narrative: per prima quella scolastica, in cui si muovono Mizore e Nozomi, caratterizzata da una caratura più realistica nella ricostruzione degli ambienti, nella fabbricazione delle ance per gli strumenti a fiato, nei rituali studenteschi, secondo una tendenza che può avvicinare il film alle opere di un Makoto Shinkai.

 

 

A questa segue la realtà fiabesca di Liz e l’uccellino azzurro, dove il tratto si fa più sottile, quasi affine alla scuola della linea chiara francofona, le figure si allungano e i colori esplodono nella forza espressiva degli sfondi a tinte acquerello. La bellezza dell’impatto visivo si accompagna a una qualità più ariosa e frizzante del racconto, che descrive una gioia ideale e forse nostalgica, da contesto europeo vagamente miyazakiano (in qualche passaggio tornano alla mente gli scenari e le situazioni di Kiki consegne a domicilio), utile a creare uno stacco con la storia principale, ampliando il gioco dei “doppi” fra i mondi. Quale elemento trasversale intervengono poi le percezioni soggettive dei personaggi (Mizore in primis) dove il tratto si fa pittorico e oltremodo essenziale su sfondi più neutri, trasfigurando la realtà in un suo riflesso espressionista, utile a fermare le ansie e i desideri repressi e qui esplicitati. In questo modo, Liz e l’uccellino azzurro, pur nella linearità dell’intreccio di base, si rivela un “viaggio” coinvolgente e capace di unire vivacità e sensibilità con esiti inaspettati, stagliandosi come uno dei migliori e non banali esempi del moderno filone sentimentale/scolastico. Un lavoro che avrebbe per questo meritato una distribuzione più capillare da parte di Anime Factory e Koch Media, che a parte una singola proiezione-evento milanese ha per il resto puntato sull’uscita in streaming. Nulla da eccepire invece sull’approdo all’home video, con la scelta fra un’edizione Limited con 4 cartoline e una Ultralimited con artwork esclusivo, 2 miniposter e un booklet di 32 pagine, accompagnati da interessanti extra video, che entrano nel merito delle scelte artistiche compiute da Naoko Yamada e sull’approccio alle musiche del film.