La tragedia sull’orizzonte degli eventi in Prossimo tuo, Hotel Milano di Pasquale Marrazzo

C’è una Milano livida, nonostante il verde acceso dei suoi parchi, in questa storia metropolitana che si consuma nel tempo infinito di un’attesa carica d’angoscia. Prossimo tuo, Hotel Milano è la storia di un amore violato dalla brutalità e non ci sono sconti per nessuno nel mondo dei vinti che Marrazzo costruisce attorno alla coppia di Luca e Riccardo, così simili e così diversi, così lontani per formazione e così vicini nel superamento di ogni differenza. La loro vita tranquilla tra aspirazioni artistiche dell’uno, Riccardo (Michele Costabile) e il lavoro tranquillo dell’altro, Luca (Jacopo Costantini), un po’ travet è animata nei momenti di pausa dal pacifico godimento della pace del parco. In questa vita più o meno comune irrompe la violenza assassina, la brutalità dell’intolleranza. La lunga giornata di Luca ricoverato dopo il pestaggio mette a nudo molte verità, apre le contraddizioni di ogni perbenismo e nel buio di un paesaggio che sembra accompagnare la tragedia non resta che una nuova unione dei corpi nudi dei due protagonisti.

 

 

Il pregio maggiore del film, al di là di ogni considerazione dettata dalla partigianeria che istintivamente si manifesta per la coppia protagonista, è quello di avere amplificato la storia privata, una vicenda quasi cronachistica, di quelle che si liquidano in duemila battute nelle pagine della cronaca cittadina, facendola diventare intollerabile evidenza negativa per un’intera comunità. Operazione non semplice in quelle trappole disseminate in un percorso come quello che sceglie Marrazzo, tese per catturare ogni atteggiamento predicatorio, punitivo o peggio frutto di una rivincita nei confronti di un’intera comunità da consumarsi macchina da presa alla mano. Marrazzo, aiutato dalle performance del suo cast, con un certo mestiere e quindi una regia ripulita da ogni superflua e accattivante edulcorazione, evita i toni drammaticamente espressivi e in questa operazione di prosciugamento e di sguardo esclusivo ai sentimenti della coppia omosessuale ottiene il risultato di mostrare quanto possa essere uguale la presunta diversità che tanto fa paura e quanto sia violento – al di là di ogni altra brutale violenza effettiva –  il rifiuto, il mancato riconoscimento, di quanto sia dolorosa la discriminazione della non accettazione.

 

 

Un paradigma che trova conferma in quella illividita periferia metropolitana, uguale a tante altre, dove neppure un estremo senso di appartenenza può giustificare l’intolleranza e che via via sembra scendere in quel particolare che è il nucleo familiare. È proprio dentro i due nuclei familiari che si annidano quelle violenze quotidiane, gli atteggiamenti intolleranti e mai fecondi che lasciano il segno rinnovandosi di giorno in giorno. Luca è di estrazione medio borghese, la madre (Lucia Vasini) è religiosa, devota e fedele, il padre (Antonio Rosti) è succube della moglie intollerante verso l’omosessualità di Luca, verso la nuova famiglia che Riccardo e Luca tra mille insidie e molti problemi stanno provando a formare. Riccardo è figlio di una figlia dei fiori (Rossana Gay), una donna dai molti amori e dai molti bicchieri, che ebbe Riccardo da un padre scomparso nel nulla e che abbandonò Riccardo da bambino per molti anni a casa della sorella Laura (Valeria Cavalli) e in pratica tra le mani del cognato Emilio (Stefano Chiodaroli) che lo usò per soddisfare i suoi gusti sessuali. Anche qui Prossimo tuo, Hotel Milano che pare aprire buchi neri che risucchiano ogni speranza nella tragedia alla quale si assiste in quell’ultimo confine dell’orizzonte degli eventi, lavora su una sorta di evidenza del fatto, in continuità con lo sguardo pungente, ma non massimalista con il quale ha lavorato nella sotterranea relazione intessuta tra la vita della coppia e quella della intollerante percezione metropolitana, cioè senza strepiti, depurando da ogni soggettività, ma piuttosto su un incontestabile piano oggettivo nel quale la vicenda si fa riconoscibile, contestuale e drammaticamente vera. Il piano familiare è rotto, nel suo instabile equilibrio, solo da Rachele (Luisa Vernelli) sorella di Luca che comprende il dramma del rifiuto, ma non ha strumenti per imporre la sua visione, comprende gli errori della sua famiglia in quelle ore estreme durante le quali nell’attesa nei corridoi dell’ospedale si consuma ogni rimpianto, ma resta prigioniera della propria incapacità di urlare la sconfitta. Si perché il dramma maggiore, la tragedia forse più grande, mentre Luca consuma in coma le sue ore in ospedale dopo la brutale aggressione, è quello di impedire a Riccardo di partecipare a quella penosa attesa. In questo risvolto finemente politico della vicenda, in quella sottolineatura che diventa, nell’indiretta comunicazione della prosa del racconto, necessità di diritti, di tutele adeguate, la risposta a ogni mancata accettazione, la risposta nuda e ineludibile di una nuova concezione che preveda come inaccettabile e irricevibile ogni altra posizione, ogni altra idea che abbia le vesti di un insopportabile sopruso.