La vita dopo il Bataclan: Un anno, una notte di Isaki Lacuesta

Non è nuovo a lavorare su lembi delle ferite, Isaki Lacuesta. Il suo cinema è abituato a considerare la forma e la struttura di ogni singolo dolore che compone la sofferenza di un momento, di un corpo, di una coppia o di un gruppo. Non stupisce, dunque, trovarlo all’opera sulla tragica notte parigina del 13 novembre 2015, quella della strage del Bataclan, in questo film straordinariamente flagrante e allo stesso tempo speculativo. Non è una ricostruzione degli eventi, ché anzi Un anno, una notte in gran parte glissa proprio sulla cronaca dei fatti, che resta esposta semmai solo nella forma soggettiva delle esperienze dei due protagonisti: gli attentatori restano fuori campo, gli spari risuonano sulle note del concerto e poi la scena si consegna al dramma della sopravvivenza, lo sbandamento, la paura, la fuga verso le uscite o verso il backstage, l’attesa che tutto finisca, i soccorsi, il rientro a casa…Ma questo è il punto di arrivo di un percorso che in realtà si occupa del peso della sopravvivenza al trauma: Céline e Ramón dal Bataclan ci sono usciti vivi, avvolti come doni nella carta dorata dei sopravvissuti alle tragedie, smascherati nella loro umana fragilità. La focale lunga sull’attentato permette al film di lavorare sulla profondità di campo delle emozioni che compongono la vita: le ore e i giorni della quotidianità di Céline e Ramón sono un tempo problematico perché risponde alla questione dell’esser vivi, alla consapevolezza di sé, degli altri, del loro stare insieme. Il film elabora il lutto della sopravvivenza, il dramma di ritrovarsi vivi e del dover render conto di ogni attimo vissuto tanto quanto di ogni attimo da vivere. L’amore che li unisce è una traccia simbolica del legame che salda la vita ai viventi, Lacuesta cerca la sostanza del dramma in atto lavorando sulla fuga dal dramma sentimentale: Céline e Ramón si amano ma vivono il tempo del “dopo”, della sopravvivenza che è letteralmente un vivere sopra: i sentimenti, le paure, i legami, gli eventi…

 

 

Céline introietta il dramma nella normalità dell’andare avanti, Ramón estromette il dolore e interpreta la paura. Il punto critico che li tiene uniti e li separa è l’essersi ritrovati lontani nel momento dell’attacco: perdersi nello stare insieme è il trauma che hanno subito come coppia e di conseguenza è il dramma sentimentale che incarnano nella quotidianità susseguente. Quello di Isaki Lacuesta è un cinema di reduci, di figure che ritornano (Los condenados, La prossima pelle), che ripercorrono i propri passi (Los pasos dobles), che riemergono dal loro passato per ricostruirlo (Entre dos aguas) e Un anno, una notte sta esattamente in questo contesto: è un film su una coppia che deve ricomporre il senso del proprio tempo superando il trauma di un annullamento nell’informe tragedia di un attentato. Il dramma di Céline e Ramón è l’essere sopravvissuti a una strage in cui altri hanno perso la vita, ma loro hanno perso la loro identità e si sono trasformati nella massa informe di una folla in cerca di salvezza. Céline e Ramón arrivano al concerto separati e separati ne escono, dopo aver attraversato l’inferno separatamente. Il loro perdersi come coppia e ritrovarsi come folla corrisponde al dramma di dover socializzare il trauma nel ritorno alla vita normale: si tratta, tutto sommato, del concetto psicologico di base della sociologia degli attentati, che mirano a ferire l’individuo nella sua vita privata colpendolo nella sua dimensione sociale. Prendendo spunto dal romanzo di Ramón González Paz, Amor, y Death Metal, Isaki Lacuesta lavora sottilmente proprio su questo aspetto e ottiene un film lucido e mirabilmente confuso, empatico nella sua disarmonia, problematico nella sua semplicità.