L’ambigua inconsistenza di Venom – La furia di Carnage di Andy Serkis

Un atto di Fede. Ecco con cosa abbiamo a che fare imbattendoci in Venom – La furia di Carnage (da qui in avanti Venom 2). Se infatti il primo capitolo della saga ispirata a questo ennesimo personaggio Marvel era stato ampiamente sbertucciato dalla critica (ma non dal pubblico che invece si riversò in sala per seguirne le gesta), questo secondo tassello si presenta esattamente con le medesime caratteristiche e gli stessi scopi del film precedente. Tuttavia, se là potevamo in qualche modo comprendere le intenzioni di dare vita a una nuova origin story, qui l’idea di proporre un consolidamento del franchise che vada a lavorare sulla drammaturgia del protagonista o sulla relazione tra questi e il mondo che lo circonda proprio non è minimamente contemplata dagli autori (come dimostra il fatto che l’unica connessione con altri personaggi dell’universo Marvel arrivi esclusivamente nella sequenza post credits). Venom 2 non prova nemmeno troppo a rimescolare le carte a sua disposizione per far finta di mostrarsi come una novità nascosta, non gli interessa mentire. Il film è rapidissimo (la durata totale è di 95 minuti, probabilmente un record per i cinecomics contemporanei) e veste perfettamente i panni di un giocattolone in cui si prova a chiamare a raccolta il pubblico per nessun altro motivo se non quello di ritrovare in scena quel personaggio, che combatte goffamente come solo lui sa fare e usa il suo alter ego, una sorta di Mr. Hyde alieno, per ricreare la sua personalissima ironia.

 

 

Il film, che sta procedendo a gonfie vele nei botteghini dei principali mercati mondiali, è una chiamata a raccolta. Il pubblico Marvel, soprattutto dopo quasi due anni di chiusura forzata, risponde presente e ritorna a popolare la chiesa laica più grande al mondo per rendere omaggio a personaggi (i supereroi) molto simili ad alcune divinità. La regia, non troppo ispirata, di Andy Serkis non è concentrata a cercare questo paragone. Eppure secondo molti Venom può essere assimilato a un angelo caduto, un Lucifero ambiguo e mefistofelico che si annida nell’animo di ognuno di noi. Così, la lunga sequenza girata nella cattedrale, con tanto di corpo “risorto” innanzi alle vetrate di un rosone gotico, potrebbe essere un indizio della linea ricercata. Usiamo il condizionale poiché è impossibile non evidenziare come lo stile spicciolo e volutamente leggero impresso al film induca il progetto a non prestarsi a troppe interpretazioni e inviti il pubblico a privarsi di qualsiasi ricerca interpretativa che vada al di là del semplice spettacolo. Tuttavia, se le cose dovessero stare così, anche in questo caso ci sarebbero delle lacune dato che Venom 2 non propone assolutamente uno spettacolo degno di nota o irresistibile. Ad ogni modo, è come non è, la risposta del pubblico dimostra che il film di Serkis sia riuscito in qualche misura a intercettare il gusto e il gradimento dei più contribuendo in maniera significativa a far ripartire il mercato, motivo per cui dovremmo tutti essere grati a questo progetto. Come ci sia riuscito, resta però un vero mistero. Mistero della Fede.