L’elaborazione della mutazione in Deserto particular, di Aly Muritiba

C’è, in verità, nel terzo lungometraggio del regista brasiliano una moltitudine di temi, di incroci narrativi e spunti per un realismo adattato ad una narrazione intensa carica di quei caratteri del melodramma esaltato da un eccellente lavoro sulla fotografia, che cattura l’attenzione e incolla lo sguard o allo schermo. Il film è il racconto di un doppio percorso, quello fisico del protagonista, secondo il consueto schema del road movie, e quello più personale e intimo che conduce in sé stesso e che lo porterà ad una insospettata verità nascosta a sé stesso, ma che vale il prezzo del viaggio dal sud al nord dell’immenso Paese.  Il titolo del film apre lo scenario su quella marcata solitudine dei personaggi segno di una indifferenza verso il mondo, che sembra addensarsi nella insensibile vecchiaia dell’anziano padre del protagonista. Il Deserto particular è, in realtà, il deserto privato del titolo italiano diventando antefatto necessario del film. Daniel è un buttafuori, un poliziotto di un corpo di polizia privato, ma un brutto affare, l’aggressione ai danni di un ragazzo finito in rianimazione, lo emargina da quel mondo e ora cerca un lavoro qualsiasi sia pur di sopravvivere. Nel frattempo Daniel è ossessionato da Sara, conosciuta su internet e con lei si scambia messaggi e fotografie a sfondo sessuale. Ma assiste anche quell’anziano padre, ex poliziotto pure lui, ormai distante dal mondo e la sorella, che non dissimula il legame con il fratello maggiore, gli rivela che ha deciso di convivere con una donna. La cultura di Daniel però rifiuta ogni assunto trasgressivo, se non quello del sesso virtuale come fonte di piacere e di innamoramento. Ma la sua ossessione per Sara lo farà partire dalla sua Curitiba per il nord del Paese alla ricerca di questa donna misteriosa che d’improvviso ha interrotto ogni comunicazione e ogni virtuale rapporto amoroso.

 

 
Da qui la natura di questo film che possiede la solidità di una scrittura centrata che diventa mutevole nell’evoluzione della storia e dei personaggi. Al fondo si ritrova un’idea narrativa precisa con il lungo prologo che funge da racconto introduttivo del personaggio di Daniel, che sotto l’aspetto del macho nasconde, in fondo, un’anima fragile, una disponibilità insospettabile e anche la capacità di leggere dentro la sua stessa esistenza e la sua natura, scoprendo insospettabili lati oscuri di sé stesso in quella necessaria mutazione che diventa offerta d’amore. Sara (Pedro Fasanaro), l’oggetto d’amore, la donna che manca come il respiro, mostrerà il suo vero volto, nella purezza di ciò che a Daniel appare come una menzogna. Ma di cosa ci si innamora quando ciò accade? È il non detto di Daniel che dovrà accettare quell’amore impetuoso e il suo repentino addio dopo il travaglio di una lunga elaborazione. Deserto particular indaga, dunque, sui sentimenti mutevoli che si spiegano fluidi dentro l’atteggiarsi altrettanto mutevole del sentimento amoroso. Ma come diceva Roland Barthes, nel suo celebre vocabolario d’amore che è Frammenti di un discorso amoroso: «il discorso amoroso è oggi d’una estrema solitudine». È proprio la solitudine amorosa a diventare il tema dominante di una storia di abbandoni e ritorni, di imprevisti e passioni, di dolori sentimentali che non possono essere guariti. La fluidità dei generi e la possibile moltitudine dell’atteggiarsi nelle relazioni d’amore che ci abita diventa la materia rovente del film, amore e dannazione del trovarsi diverso e anche sorpresa nell’accettazione di una diversità che diventa ininfluente ai fini sentimentali. Daniele e Sara, che è Robson, sperimentano l’amore controverso in quella passione desiderata e ora reale che inchioda Daniel ad una inattesa verità che lo spoglia da ogni certezza.

 

 
Le incertezze, la scoperta di una diversità sulla quale transita, non senza scosse, l’interesse d’amore di Daniel diventa lo scandalo della sua vita, trasformando la presunta immoralità in pratica frequentazione quotidiana del nuovo (s)oggetto d’amore. Ruota su queste mutazioni di prospettiva il film di Muritiba, di cui questi temi diventano il baricentro. Aly Muritiba sa conferire al suo racconto lineare una forza silenziosa e sotterranea che lavora emotivamente proprio tra le segrete cose della coscienza di Daniel innamorato e tormentato dal dubbio e dal desiderio. Tra primi piani e saturazione dei colori, Deserto particular sembra assorbire la segreta sensualità di questo traumatico percorso meditativo e nell’incomunicabile intimità il Daniel di Antonio Saboia sa regalarci una gamma di emozioni trattenute, che trovano origine in quell’imprevisto d’amore destinato a rompere ogni pregiudizio e ogni relazione con il proprio passato. Da qui il pregio di quest’opera che sa avere un respiro più ampio di quello che appare in superficie. Non un semplice road movie di trasformazione, ma qualcosa di più profondo che sembra avere a che fare con le contraddizioni di un Paese intero, con un pensiero diffuso nel quale vince il pregiudizio contro ogni diversità. Ancora una volta il road movie funziona come soluzione e metaforico tragitto verso una meta ideale. Tutto qui matura nella proficua solitudine dei personaggi, da quella di Daniel tormentato dai suoi peccati a quella di Sara/Robson che cerca una felicità ancora mai raggiunta e che sente di meritare, a quella di Fernando, amorevole suo complice amico e compagno, disponibile al sacrificio dell’abbandono. Sono gli effetti di un melò che si dipana in due ore di film dai forti colori come le emozioni che sanno diventare materia d’amore. Tutto si muove dentro un realismo privo di alcuna magia, a tratti documentaristico e quasi antropologico. È uno sguardo affettuoso sul Brasile anti oleografico, raccontato nella fatica quotidiana che si rispecchia nel finale aperto del film nel piacevole sgomento della felicità e insieme della paura di una vita nuova.